The Lemon Twigs, Estragon, Bologna 11 Dicembre 2024
Una serata più unica che rara, e non tanto perchè era la sola occasione per vedere i Lemon Twings in Italia nel 2024. Ma perchè ci siamo resi conto che una band può suonare migliore e più vera dei suoi dischi in studio; e perchè quello dei D’Addario non è un modesto revival di un’era gloriosa per il rock, è anzi un duello impossibile con Beatles, Beach Boys e Byrds a trovare la melodia perfetta e a portare gioia nell’ascoltatore.
Il concerto è aperto dai Music City, ultimo progetto del chitarrista e cantante irlandese Conor Lumsden, braccio destro negli anni di Paul Collins (The Nerves), Jack Cooper (Ultimate Painting) e A. Savage (Parquet Courts). Con una formazione a quattro ispirata a Big Star, Tom Petty & The Heartbreakers e i Replacements offre a un Estragon affamato di rock’n’roll brani diretti e efficaci, come la doppietta “Do I?”/”Pretty Feelings” uscita in 7″ per Static Shock prima del Covid e altri – spiccano “Common Sense”, “A Matter Of Time” – che ci auguriamo vedano la luce in un futuro prossimo. Un altro titolo (calzante per il periodo) è “Only Home For Christmas”: immaginando neve mentre fuori gela si nota in zona mixer Michael D’Addario concentrato sul live e, di lì a poco, accerchiato dai fan per i selfie di rito. Il clima si scalda, siamo pronti per i Lemon Twigs.
Maglioncini vintage, con un look che rievoca i primi seventies: i quattro componenti della band arrivano sul palco con una intro, immediatamente da standing ovation, che attinge dall’ultimo disco A Dream Is All We Know, uscito per la Captured Tracks. “My Golden Years” ne è proprio l’opener, ad anticipare una scaletta che si addentra nella prolifica, anche se recente, carriera del gruppo newyorkese. Basta una manciata di brani, da “The One” a “In My Head” passando per “What You’re Doing” (da Everything Harmony del 2023) e ci immedesimiamo in un frequentatore di un live club di San Francisco negli anni del flower power e delle cadillac.
Il suono caldo, le armonie vocali impeccabili, realizzate da giovani poco più che ventenni, non fanno rimpiangere stasera i dischi che abbiamo consumato in cameretta. I fratelli Brian e Michael D’Addario riescono nell’impresa di fare apparire semplice quello che è in realtà complesso, trasferendo dal vivo – con la massima naturalezza – una attenta ricerca sul suono. E non importa se si tratta di riesumare un genere, visto che nessuno dei presenti per motivi anagrafici ha potuto godersi qualcosa di simile all’epoca: ciò è sufficiente a renderlo attuale e a scacciare le eventuali insinuazioni di ripresa calligrafica, o scarsa originalità.
Michael è il più loquace, interagendo con qualche parola in italiano qua e là. Gli inconvenienti tecnici con la chitarra Rickenbacker non scalfiscono la performance dei Lemon Twigs. Le canzoni migliori dell’ultimo disco ma anche una sotterranea “I Wanna Prove To You”, dall’esordio datato 2016, costituiscono una capsula temporale che annulla le distanze. I Lemon Twigs sono cresciuti a pane e Byrds, e se questo è evidente, i loro pezzi mantengono l’impronta personale e soprattutto mostrano il talento nello scrivere canzoni che in quegli stessi anni non avrebbero sfigurato di fianco a quelle di altri mostri sacri.
Ad un certo punto Michael D’Addario si sostituisce al batterista, evidenziando anche lì le sue doti strabilianti (del resto lui e Brian sono figli di un musicista e un’attrice). All’Estragon propongono anche tre cover, “You’re So Good To Me” dei Beach Boys di Summer Days (And Summer Nights!!) e altre due chicche a firma The Choir e The Move, presentando inoltre due inediti, “I’ve Got A Broken Heart” e “You’re Still My Girl”.
La parte finale dello show vede Brian eseguire due brani alla chitarra acustica: sono “Corner Of My Eye” e “When Winter Comes Around”, entrambi splendidi se paragonati alle versioni in studio fin troppo artificiose e barocche. E qui si torna al primo punto, ribadendo che c’è una band dal vivo diversa da quella su album. Noi propendiamo per la prima, quella mostrata stasera, che è più democratica e versatile, facendoci immaginare come suonerebbero i Beatles oggi: c’è l’anima ribelle e lennoniana, rappresentata da Michael con le sue “Rock On”, “Ghost Run Free” o “Church Bells” (quest’ultima degna di un Mind Games) e quella che fa da collante, estrosa e mccartneyana, di Brian – “A Dream Is All We Know”, il boogie-glam di “The One” o la stessa piano ballad “I Wanna Prove To You”. “When Winter Comes Around”, per non essere da meno, potrebbe reggere il confronto di una “Mother Nature’s Son”.
Un dualismo avvincente, comunque sempre nascosto dal grande rispetto e amore che prova Brian per Michael, e viceversa. Il live di Bologna ha per noi documentato una band forse all’apice della propria giovane carriera, che con A Dream Is All We Know di quest’anno ha saputo regalare, senza esagerazioni, canzoni indimenticabili come ai suoi esordi.
Questi i brani suonati dal gruppo dei fratelli D’Addario all’Estragon:
My Golden Years
The One
In My Head
What You Were Doing
Church Bells
If You and I Are Not Wise
Any Time of Day
I Wanna Prove to You
Foolin’ Around
Peppermint Roses
They Don’t Know How to Fall in Place
A Dream Is All I Know
I Only Did it ‘Cause I Felt So Lonely [Cover di The Choir]
Ghost Run Free
I’ve Got A Broken Heart
You Are Still My Girl
You’re So Good to Me [Cover di The Beach Boys]
How Can I Love Her More?
Corner of My Eye [Brian solo]
When Winter Comes Around [Brian solo]
I Can Hear The Grass Grow [Cover di The Move]
Rock On (Over and Over)
(Matteo Maioli e Eulalia Cambria)