La storia dei Tribo Massáhi, gruppo afro-brasiliano autore di un unico disco – Estrelando Embaixador – registrato nello Studio Som di Rio de Janeiro nel 1970, era avvolta nel mistero. Almeno fino a poco tempo fa. Poi qualcosa è cambiato: una decina di anni fa il lavoro del giornalista Itamar Dantas e dell’etichetta Goma Gringa Discos di Frederic Thiphagne e Matthieu Hebrard ha riportato alla luce quello che nel frattempo era diventato una sorta di sacro graal dei collezionisti di musica brasiliana. L’oscurità delle vicende legate ai Tribo Massáhi è quindi svanita, o quasi: il protagonista assoluto del mistero dislevato è Sebastião Rosa de Oliveira, nato a Leopoldina (Minas Gerais) nel 1934 e meglio conosciuto con il soprannome di Embaixador per la sua facilità nel parlare lingue straniere e capacità di instaurare pubbliche relazioni: «comunicava bene in inglese e conosceva le basi di altre lingue. Sempre presente nella vita notturna, Embaixador frequentava assiduamente il vicolo di Beco da Fome, a Copacabana. Lì si riunivano molti attori stranieri in cerca di opportunità di lavoro. La sua intraprendenza permetteva all’artista di comunicare con loro e di farli lavorare in televisione», racconta Itamar Dantas nelle liner notes della ristampa di Estrelando Embaixador (pubblicata nel 2015). Di fatto, negli anni sessanta, Embaixador compare in un episodio della serie TV Tarzan (non venendo però citato nei titoli originali) e recita in diverse pellicole, tra cui: Tercer Mundo (1962) di Angel Acciaresi, Und der Amazonas schweigt (1963) di Franz Eichhorn, O Grande Assalto (1967) di C. Adolpho Chadler, Juego peligroso (1967) della coppia Luis Alcoriza-Arturo Ripstein, Roberto Carlos em Ritmo de Aventura (1968) – commedia musicale con la star Roberto Carlos (su YouTube il film è visibionabile – al minuto 15 compare il villain interpretato da Embaixador che fa a botte con Roberto Carlos) – e Sete Homens Vivos ou Mortos (1969) di Leovegildo Cordeiro.
Embaixador e Roberto Carlos in Roberto Carlos em Ritmo de Aventura (1968)
Parallelamente alla carriera cinematografica, l’artista vuole anche e soprattutto realizzarsi nel mondo del musica e nella seconda metà degli anni sessanta fonda una band. La realizzazione del primo e unico album di questo suo gruppo – Estrelando Embaixador – è quasi frutto del caso perché Embaixador avverte i suoi musicisti che vuole registrare qualcosa in studio all’improvviso, solo pochi giorni di prima della data stabilita: «tutto è stato combinato all’ultimo minuto. Ci ha avvisati nel weekend che saremmo dovuti andare mercoledì per registrare. […] Niente arrangiamenti sugli spartiti o altro. Si trattava al massimo di un abbozzo della canzone e via! Le registrazioni sono durate tutto il giorno», ricorda Ruy Ipanema (all’anagrafe Rui Barbosa) – uno dei chitarristi presenti sul disco – nelle già citate liner notes della ristampa del 2015.
Nel risultato finale, che oggi può essere ascoltato senza più spendere cifre folli, l’imprevedibilità, l’improvvisazione si sentono tutte e rapprensentano il punto di forza della produzione Embaixador & Co, ovvero i Tribo Massáhi. Le due suite che compongono l’album, entrambe suddivise in quattro brani, sono un carnevale sonoro folle e primitivo: i ritmi afoxé (originari del popolo Yoruba*), tipici di una formazione come l’Orquestra Afro-Brasileira (si senta Obaluayê! del 1957), sono immersi in una coltre psichedelica alla Os Brazões che solo un anno prima (nel 1969) avevano pubblicato il loro disco d’esordio omonimo. Il suono caotico, selvaggio dei Tribo Massáhi è la fotografia di qualcosa di non replicabile, una scintilla esplosiva che scatta una volta sola. Nonostante ciò, nel 1971 il gruppo si esibisce dal vivo facendo una serie di concerti tra Rio de Janeiro e San Paolo in club come Castelinho e Casaforte. Già, nel 1972, non si hanno però più notizie dei Tribo Massáhi. Embaixador ha già formato una nuova band, i Trio Moenda che però avranno vita breve.
*i nomi dei componenti della band sono sono stati rinominati nel dialetto Yoruba: Abeke, Aymmi, Duro, Iyalode, Koffi, Kolawole, Korede, Omopupa.
L’immagine di copertina dell’articolo è presa dal sito della Goma Gringa Discos (qui).
(Monica Mazzoli)