Cercavo in libreria una guida del Giappone, e il titolo di questo libro di Edoardo Lombardi Vallauri Non capire il Giappone, edito da Il Mulino nel 2023, mi ha attratto immediatamente.
L’autore è un docente di linguistica generale all’università di Roma tre. Nel corso degli anni è stato diverse volte in Giappone per periodi più o meno lunghi, e ne ha ricavato impressioni e riflessioni delle quali non riesce a smettere di stupirsi. (l’autore cura anche un sito).
Lombardi Vallauri descrive le sue esperienze come se fosse stato improvvisamente catapultato su Marte. Si meraviglia e cerca spiegazioni, ma presto si rende conto con ironia e grandissima umiltà, che per i giapponesi è davvero diverso dal nostro l’approccio al pensiero e alla vita, e che quindi è quasi impossibile uscirne con le idee chiare.
Nei suoi soggiorni giapponesi cerca saggiamente di lasciarsi un po’ andare, direi che “si butta nella mischia”. Soprattutto a Tokyo nel tempo libero esce, curiosa, sperimenta, si perde, osserva. A volte è da solo, a volte con la famiglia che ha portato con sé nei periodi di soggiorno più lunghi. L’impressione che dà a noi lettori è soprattutto quella di divertirsi molto, cosa possibile solo spalancando la propria mente all’inaspettato e all’inverosimile.
Ogni viaggiatore ha spesso la sensazione di comprendere cultura, modi, abitudini, tradizioni, degli abitanti del paese nel quale si trova. Niente di più sbagliato. Gli incontri sono sempre molto limitati dalla lingua, dalla mancanza di tempo, e dall’occasionalità.
Anche rispettando la scontata differenza tra il “turista” e il “viaggiatore”, ci vogliono degli anni per capire a fondo un luogo e chi lo abita. Ci si dovrebbe lavorare, fare la spesa, pagare le tasse, le bollette, guidare la macchina, cercare il parcheggio, per capire sul serio qualcosa in più.
Ma per il Giappone non basta nemmeno questo. «Il Giappone è la cartina tornasole del viaggiatore inadeguato» dice Marcella Ciarnelli in un interessante articolo dedicato a questo libro. Ci invita a non peccare di superbia, perché ci vogliono più viaggi per “illudersi” di averci capito qualcosa. I giapponesi, ricordiamocelo, risultano spesso incomprensibili anche gli altri asiatici.
Nel prologo Lombardo Vallauri ce lo spiega molto bene: «ormai è un luogo comune che non si può comprendere il Giappone. E allora il meglio che possiamo fare è descrivere come si forma questa evidenza».
Racconta di avere continuato per anni a domandarsi cosa poteva esserci dietro fatti o cose minime che aveva vissuto ed osservato. Molte domande sono rimaste senza risposta; il consiglio è cercare una propria spiegazione, o non cercarla affatto e godere della sua assenza.
Il libro consiste in trentadue storie, molte delle quali esilaranti senza però mai togliere nulla alle riflessioni più profonde.
Quello che colpisce di più noi italiani probabilmente è la gestione e la cura della cosa pubblica. Questa cura si nota e si traduce in una serie di “attenzioni” verso il cittadino. Nelle stazioni ferroviarie e della metropolitana ad esempio, per ogni linea ci sono tabelle che raffigurano la composizione del treno. Secondo i cambi che dovremo fare successivamente ci viene indicata la carrozza sulla quale ci conviene salire.
La sensazione è che qualcuno abbia pensato al nostro benessere, che si sia immedesimato nelle nostre difficoltà e si sia prodigato per farci fare un percorso meno complesso e più breve.
Per lo stesso motivo «il cliente è venerato». Alla cassa del supermercato c’è sempre qualcuno che aiuta a mettere le cose nelle buste; mette sotto le cose più pesanti, sopra quelle più fragili. Lo fa con dedizione e gentilezza, perché sa che “l’altro” è parte di un tutto.
Per questo «chi fa un lavoro umile non è insoddisfatto». Anche ai lavori che consideriamo “subalterni” è associata una grande dignità. Nessuno di questi lavoratori svolge il proprio lavoro con minore impegno di quello che ci mette un lavoratore più qualificato.
L’autore si chiede perché: «da noi si concepisce il destino delle persone in una prospettiva individuale. In tale prospettiva ci si domanda: questa persona è fallita o è riuscita? Se sta in alto è riuscita, se sta in basso è fallita (…) In Giappone la prospettiva da cui si guarda è collettiva: c’è bisogno sia di chi sta in alto, sia di chi sta in basso (…) Ecco dunque che rivendicare la propria importanza non consiste nel proclamarsi superiori al compito umile, ma diventa la fierezza per il proprio impegno: io svolgo bene il mio compito, quindi valgo molto».
Questa capacità e il desiderio di comprendere l’altro è probabilmente alla base della loro difficoltà di dire di no. Il “no” non è mai perentorio, aggressivo, anche a costo di creare malintesi. È un tentennare, un non poter dire subito “sì”. Per lo stesso motivo, i divieti non sono mai netti, sono più dei “consigli”.
Il nostro autore si trova un giorno sul fiume Kanda, pieno di carpe molto grandi. Per uno che ama la pesca come lui è una irresistibile tentazione. C’è un cartello che Lombardi cerca di decifrare con l’aiuto del dizionario. Quello che riesce ad interpretare è che: “le carpe sono animali utili perché sono i nemici naturali degli insetti molesti, di cui mangiano le larve; insetti molesti che altrimenti prospererebbero nell’acqua e infesterebbero la zona». Probabilmente intendono le zanzare. Il testo del cartello si conclude con la menzione che «è fatto cortese invito alla popolazione di non pescarli», cioè sarebbe preferibile, dato che sono così utili.
Per un italiano, anche il più diligente, questo cartello non costituisce un divieto, ma solo un’indicazione, così Lombardi inizia a pescare. Dopo poco viene redarguito da un passante, che probabilmente chiama la polizia. Viene quindi invitato a recarsi in un Koban, una sorta di gabbiotto posto all’incrocio di due strade importanti e gli viene chiesto di scusarsi. Lombardi non si scusa; cerca di giustificarsi e spiegare che non aveva interpretato quel cartello come un divieto e che in ogni caso ributtava le carpe in acqua subito dopo averle pescate.
Presto capisce che se non ammetterà di avere compiuto un reato e non si impegnerà a non rifarlo, non verrà rilasciato.
L’ammissione di colpevolezza è la dimostrazione di avere compreso di essere in difetto con il resto della collettività. Il rispetto delle regole in Giappone non ha dunque come deterrente la minaccia della punizione, ma l’invito a pensare sempre a sè stessi come parte di un tutto ordinato e funzionante.
Il Giappone è uno dei paesi più sicuri del mondo. È improbabile che se qualcuno non trova qualcosa pensi che gli sia stata sottratta volontariamente. Torna sui suoi passi, con calma, e sa che la ritroverà.
Anche la loro proverbiale precisione e la puntualità sono espressioni del dare molto peso alla parola data.
La media dei ritardi dei treni in Giappone è di 24 secondi, ed un appuntamento con un amico è sottinteso che sia circa dieci minuti prima dell’ora concordata. C’è un senso dell’onore, che forse pone le radici nella loro storia, che rende imbarazzante e spiacevole essere mancanti o anche solo approssimativi.
La fine del volume contiene un glossario di quasi cinquanta termini che non vengono spiegati nelle pagine del libro. È una piccola chiave per capire o meglio o per accettare di non capire, accogliendo la diversità come una ricchezza ed uno stimolo.
Le differenze tra culture, tradizioni, abitudini, possono essere molto faticose; richiedono un continuo esercizio del dubbio e della curiosità, e questo può sedurre o respingere.
L’autore si stupisce ogni volta; le spiegazioni sono spesso contenute in qualcosa che non ci viene in mente e che può risultare più difficile della domanda stessa. Lombardi Vallauri in questo libro ci regala uno spicchio di questi piccoli affascinanti enigmi. Continua a tornarci, e questo è significativo. È come una “ginnastica” che mantiene l’elasticità mentale e ci ricorda che nella diversità c’è sempre molto da imparare.
Si potrebbe continuare ad elencare gli scritti-fotogrammi di Lombardi Vallauri. Ma farlo brucerebbe la possibilità di scoprire, attraverso le pagine del libro, quali stimoli e curiosità questo lontano Paese può riservare a chi si avventura nella sua tradizione e nella sua modernità. A chi, appena ripartito, pare abbia già voglia di tornarci. Per verificare se lo ha compreso o per farsi stupire ancora.
(Rita Baghino)
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