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Nel seguito all’omonimo esordio del 2016 i Feels, ovvero Laena Geronimo, Shannon Lay e Amy Allen alla voce e chitarre insieme al batterista Michael Perry Rudes, si affidano all’esperienza in produzione di Tim Green – già con Six Organs Of Admittance e Corin Tucker – che ne ripulisce le grezze sonorità da garage band in favore di architetture post-punk più concettuali che non disdegnano momenti noise à la Sonic Youth (“Sour”) e sgasate improvvise degne delle Bikini Kill (“Tollbooth”). Quando poi a inaugurare il set è il riff perfetto di “Car”, abbiamo un disco che senza stravolgere le carte in tavola porterà nuova linfa e ammiratori ai rocker californiani.
Basso gonfio e andatura stoner traggono in inganno poichè “Car” si chiude come un inno dei Built To Spill; segue l’efficace melodia di “Awful Need” cantata all’unisono dalle tre ragazze della band: a conti fatti una doppietta molto forte. Nei passaggi chitarristici è però inevitabile il rimando a capolavori quali “Marquee Moon” dei Television e “Vs” dei Mission Of Burma (che si notano anche nella spigolosa “Anyways”). Se “W.F.L.” è un tiro telefonato alle Sleater-Kinney, “Last Chance” e “Find A Way” risultano più interessanti, grazie all’andamento marziale e alla deriva scura degli intrecci creati da Geronimo e Lay. La bravura dei Feels emerge proprio quando i pezzi cambiano repentinamente direzione e si arricchiscono della qualità strumentale di tutti i membri, vedi “Post Earth” con il testo sibillino – “You Have To Leave All Your Trash Behind, Even Your Plastic Crucifix, Post Earth” – e la catartica “Flowers” impreziosita da una notevole linea di basso della Allen.
Pitchfork e Mojo hanno lodato il cambio di passo dei Feels, che a mio parere si deve ancora realizzare nella scrittura dei brani, dove difettano in originalità più che in personalità. Avranno modo di farlo conclusosi il lungo tour tra Europa e America (senza Italia) che li impegnerà fino all’estate.
68/100
(Matteo Maioli)