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Dopo l’uscita di “Fragile” e “Close to the Edge”, nel medesimo anno ’72, gli Yes intraprendono un live tour testimoniato da questo doppio CD (in origine tre LP). E’ il loro live più famoso, espressione della piena maturità del gruppo, del periodo “aureo”, se così possiamo dire. Il piatto è assai ricco: due dischi da oltre un’ora l’uno sono più che sufficienti per cogliere la qualità delle esecuzioni dal vivo degli inglesi progressivi. Sono presenti quasi tutti i loro brani più noti e di maggior impatto: direi che all’appello manca solo “South Side of the Sky”, quarta traccia di “Fragile”. Apre la registrazione una introduzione costituita da una rielaborazione di una parte de “L’uccello di fuoco” di Stravinskij; con Rick Wakeman alle tastiere certe concessioni alla sua cultura musicale e al suo estro dovettero risultare inevitabili e, forse, nemmeno tanto sgradite: considerando che, oltre a questa, è stato inserito nella pubblicazione anche un pastiche in cui trova posto persino la citazione dell’ “Alleluja” dal “Messia” di Händel. D’altra parte simili inserzioni, specialmente la seconda, più lunga e complessa, non risultano spregevoli in questo contesto, e movimentano l’ascolto. Inutile dire che la tecnica esibita dal quintetto è come sempre notevole: certi brani, come “Perpetual Change”, “Yours is no Disgrace” e, in modo clamoroso, “Long Distance Runaround”, vengono dilatati con accenti, talvolta, di vera e propria improvvisazione; gli oltre tredici minuti di “Long…”, che in originale dura tre minuti e mezzo, ci paiono in verità un poco eccessivi, una espansione che rischia di risultare noiosa. Ma tutto questo mostra come gli Yes cercassero (e cercano tutt’ora) di variare i loro pezzi nelle esibizioni live; operazione meno semplice in ambito progressive che in altri. Lo abbiamo detto anche a proposito dei Genesis: più una musica è compositivamente complessa, più è definita e legata alla sua forma primigenia: dunque difficile da rielaborare o reinterpretare. Ma gli Yes vi riescono spesso efficacemente. Il poderoso esordio ritmato di “Yours…” è qui risolto in modo meno netto, con una ritmica leggermente diversa ma ugualmente interessante. Complessivamente, dal punto di vista strumentale, si può affermare che Wakeman non straripa affatto, anzi: è Steve Howe a fare spesso la parte del leone, ad essere più in evidenza. Elemento importante: durante il tour Bill Bruford lasciò la band, sostituito al volo da Alan White, secondo batterista storico degli Yes, tutt’ora diligentemente al suo posto. Dunque Bruford è accreditato solo in “Perpetual Change”, in “Long…” e in “The Fish”. Sebbene non raggiunga il livello del predecessore, White se la cava egregiamente nell’esecuzione di brani alla cui nascita non aveva presenziato.
Cosa dire ancora? Belle particolarmente le esecuzioni di “Perpetual…” e di “Yours…”, ma anche il resto non è generalmente da meno: non ci soddisfa del tutto in alcuni tratti, anche dal punto di vista vocale, “Close to the Edge”, troneggiante nel secondo disco. Non si indugia troppo sui rumoreggiamenti del pubblico. In ogni caso un live imperdibile, almeno per i fans degli Yes.
“Soliti” disegni di copertina surreal-fantastici di Roger Dean, tra i quali campeggia uno sperone roccioso che nella forma ricorda chiaramente un dinosauro: tipo brachiosauro.