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I Hate My Village + Dome La Muerte E.X.P. + Ananda Mida, Villa Torlonia, San Mauro Pascoli (FC), 26 Agosto 2021
Serata ricchissima di buone vibrazioni la sesta di Acieloaperto, in una nona edizione purtroppo condizionata dall’emergenza sanitaria con l’annullamento, o crediamo solo rinvio, dei concerti di Kokoroko e Arlo Parks. Nella location del Parco Poesia Pascoli ci si trova già alle ore 19 il dj set di Matteo Bocca di Retropop e lo stand Go Down Records in attesa del primo gruppo, gli Ananda Mida. Formati nel 2015 dai trevigiani Massimo Recchia – già negli OJM – e Matteo Pablo Scolaro (soci con il cesenate Marcello Piastra della stessa Go Down) insieme a Davide Bressan e Alessandro Tedesco, offrono un’interessante proposizione del rock seventies più tecnico con deviazioni stoner e psichedeliche. I brani “The Pilot” e “Pupo Cupo” da “Cathodnatius” del 2019 eccellono anche senza il cantato di Conny Ochs presente su disco, mentre in “Blank Stare” ci sembra di ascoltare i Deep Purple alle prese con il repertorio dei King Crimson. “Occasion” rallenta i giri con i botta e risposta delle chitarre di Scolaro e Tedesco inesauribili: una mezzora di hard rock tra headbanging distanziato e quiet/loud in cui lo spazio davanti a Villa Torlonia comincia a riempirsi.
C’è grande entusiasmo per Dome La Muerte oggi accompagnato dagli E.X.P.: due pisani e due viareggini, in un esperimento di convivenza che “da 5 anni funziona molto bene”. Habituè del Sidro di Savignano e della Romagna lo storico chitarrista dei Not Moving offre da sempre performance entusiasmanti e memorabili tra aneddoti di vita, passione per il rock’n’roll e impegno sociale.
Come in “Renegade Song” per gli indiani d’America e “No Justice”, dedicata all’attivista Leonard Peltier che sta scontando ingiustamente l’ergastolo per delitti mai commessi. “Sick City” è una cover in stile rockabilly di Charles Manson contenuta in “Lazy Sunny Day” del 2017, laddove “Blue Stranger Dance” risale al primo album con The Diggers di dieci anni prima. Rock di frontiera che viaggia dagli Shadows fino ai Calexico, garantito nell’iniziale “Vision of Ashvin”, in cui lo accompagnano Emiliano Giuliani alla batteria, Alessandro Quaglierini al basso e il polistrumentista Luca Valdambrini. L’amore per il vecchio west è testimoniato dall’esecuzione di un pezzo dalla soundtrack di “Pat Garrett e Billy The Kid” firmata da Bob Dylan; ottima infine anche la ballad younghiana “Talkin Truck Stop Blues” originariamente in “Poems For Renegades” del 2011.
Le porte di Villa Torlonia, gestita da Ruggero Pascoli padre del poeta Giovanni che venne poi ucciso in un complotto politico, si aprono verso le 22 per gli I Hate My Village. La formazione nata sul connubio romano Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion) e Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours) e che vede la presenza stabile di Alberto Ferrari dei Verdena e Marco Fasolo dei Jennifer Gentle al basso ha appena rilasciato in digitale un EP di quattro canzoni, “Gibbone”. E proprio su questa lunga suite che mi ha ricordato “A Saucerful Of Secrets” dei Pink Floyd entrano i quattro, che si lanciano nel nuovo singolo “Yellowblack” in una dimensione à la Blade Runner immersi nel fumo. Cantato da Viterbini, ne mostra le infinite possibilità alla chitarra che diventa synth con un refrain semplice ma orecchiabile. Seguono le tracce forti dell’album di esordio del 2019, dalle pulsazioni funk di “Tramp” con una seconda parte nu-rave all’afrobeat ispirato dalle collaborazioni con Tinariwen e Bombino di “Bahum”; “Acquaragia” interpretata da Ferrari continua nel solco del Paul Simon di “Graceland” a dare nuovi orizzonti alla world music, mentre “Fare Un Fuoco” è un’esplosione di rock psichedelico portata dal background degli indie northeners Fasolo e Ferrari, grazie ai quali tutti i brani si arricchiscono rispetto alle versioni studio e non c’è nessun elemento a predominare negli I Hate My Village (come testimonia la disposizione a semicerchio). “Fame” è pura liberazione su un riff blues, “Chennedi” la più vicina al catalogo dei Verdena ma con le tempistiche di Rondanini a confondere le acque. Ancora Ferrari a improvvisare con effetto sulla voce una “California Girls” dei Beach Boys, la sensazione è quella di un gruppo di amici che divertendosi vivono la nuova avventura con grande naturalezza. Per il brano di punta “Tony Hawk Of Ghana” gli I Hate My Village invitano gli spettatori a salire sul palco e con la libertà acquisita dal green pass una dozzina di loro non si fa pregare, danzando e saltando nelle accelerazioni di scale pentatoniche di Viterbini che portano alla conclusione del set.
L’esoterica “Ami” inaugura la serie di bis con “Yellowblack” a insinuarsi nelle orecchie degli ascoltatori, entusiasti di un festival italiano che stasera ha abbracciato passato e futuro del rock.
La scaletta del concerto degli I Hate My Village:
(Matteo Maioli)