Share This Article
Ben Harper and the Innocent Criminals regalano una serata indimenticabile alla Romagna con la tappa a Villa Torlonia, San Mauro Pascoli, 3 agosto 2022. Questo è il racconto personale del concerto di una sfegatata fan romagnola.
PREMESSA
Ben Harper è entrato nella mia vita quasi 30 anni fa. Me lo ha fatto conoscere un amico che ora non c’è più, regalandomi la cassetta (!) di Welcome to the cruel word, diventata poi la colonna sonora della mia tesi di laurea (citata ufficialmente tra i ringraziamenti, insieme ai REM e Guccini). Negli anni successivi l’ho seguito a fasi alterne, regalandomi 2 concerti dal vivo, a Imola nel 2012, sotto una piaggia battente e pochi superstiti fradici sotto al palco, e a Mantova nel 2018, uno dei più bei concerti della mia vita, con gli Innocent Criminals allegri, coinvolgenti, felici di suonare insieme in una piazza meravigliosa.
Quando è uscito l’annuncio del concerto di Ben Harper alla Rocca di Cesena nel 2020 non ci potevo credere: Ben a casa mia, il mio cantante preferito vivente, non potevo mancare! Ho comprato immediatamente un biglietto, poi sappiamo tutti com’è andata, concerto rimandato anno dopo anno, e anche spostato a San Mauro Pascoli, a 20 km di distanza. Ma è pur sempre casa. Nel frattempo, le capriole della vita mi hanno portato a conoscere i ragazzi che organizzano la rassegna musicale Acieloaperto, e chissà, magari riusciranno anche a farmelo anche conoscere… praticamente impossibile, ma l’attesa è ancor più carica di significato.
PRE-CONCERTO
Ripasso le canzoni su youtube, ascolto anche i brani del nuovo album Bloodline maintainance appena uscito, con pezzi che mi entrano dritti nel cuore, controllo le scalette dei concerti precedenti e finalmente arriva il giorno del concerto. Sono emozionata come un’adolescente, passo il pomeriggio senza sapere esattamente cosa fare e controllando di continuo che ora è. Parto con la mia macchina che non si sa mai, magari riesco a fare un saluto a Ben e non posso certo rinunciare per colpa del passaggio in auto… (la vedo durissima, ma la speranza è l’ultima a morire!).
La poliziotta gentile mi fa parcheggiare la pandina in un posto perfetto, a due passi dall’ingresso. È pieno di volti noti, sorridenti. Ci sono i ragazzi di Retropop Live, che mi danno il benvenuto e mi fanno sentire a casa, i vecchi colleghi, gli amici del liceo, i capi scout dei miei figli, il mio parrucchiere, conoscenti vari: in pratica mezza Cesena è qui, e l’austera Villa Torlonia, con le sue ali aperte, ci abbraccia e ci accoglie nella sua corte. Siamo circa 2.000 persone, ma mi sembra di essere ad una festa tra amici, riuniti per ospite speciale. I gruppi di apertura (LOMII, Corner in Bloom, Il Muro del Canto) fanno bene il loro lavoro: scaldano l’atmosfera e preparano l’arrivo di Ben, mentre io saluto i miei amici e riesco a raggiungere le prime linee: me lo voglio godere sotto al palco, da sola, questo concerto così atteso.
IL CONCERTO
La luna sale e le luci scendono, finalmente appare Ben Harper, jeans, maglia rosa abbinata al berretto, con gli Innocent Criminals, la band che lo accompagna da sempre, senza il bassista “pancione” Juan Nelson (scomparso un anno fa e sostituito da Darwin Johnson) ma con gli storici membri della band, il batterista Oliver Charles e il percussionista Leon Mobley, e il tastierista Chris Joyner e il chitarrista Alex Painter.
Silenzio sul palco, tutti al centro, e la magia comincia con Below sea level, emozionante brano a cappella che apre l’ultimo album, cantato da tutti i musicisti insieme come una sorta di preghiera. Mentre la ascolto, mi piace immaginarla come un tributo al bassista Juan Nelson: la sua mancanza si sente, e di certo la sentono anche Ben Harper e i musicisti, ma dopo questo rito sembra quasi lo abbiano richiamato sul palco lì con loro.
Ognuno al proprio posto, il concerto entra nel vivo con una scaletta di una ventina di brani a dir poco perfetta, che alterna pezzi del passato ad alcune perle del nuovo album, per oltre 2 ore di concerto che spazia dal folk al reggae, dal blues all’R&B, dal gospel all’alternative rock. i primi pezzi, Burn to shine, Don’t give up on me now, Jan Work, The Will to live filano via lisci con una esecuzione quasi da studio di registrazione (l’acustica è ottima). L’atmosfera si anima con il trittico centrale (Steel my kisses from you, abbinata alla nuova Need-to-know bases e seguita a ruota da Burn one down): il percussionista Leon sembra un folletto, sorride e saltella come un matto dalla postazione sul retro a quella più avanzata, mentre Ben si apparecchia la chitarra sulle ginocchia e dà il meglio di sé con la sua specialità, la lap steel guitar, e sono sicura in tante stiamo pensando che non sarebbe niente male stendersi al posto di quella chitarra.
Se all’inizio del concerto Ben sembra un po’ lontano, quasi timido, canta con gli occhi chiusi ed è molto concentrato sulla musica, come se dovesse ricordare accordi e parole, un po’ alla volta comincia a sciogliersi, a sorridere, a ringraziare. Qualcuna dal pubblico gli urla “I love you Ben!”, lui sorride e risponde “me too”; io ribatto “we ALL love you, Ben!”, e lui scherza: “and I’m sure you love me more than her, do you?!” “Of course!”
Il concerto procede con We need to talk about it, una perla del bellissimo nuovo album, un inno afro-americano che invita a riflettere su schiavitù, giustizia, perdono, compassione, con Faded-Ocean e alcuni pezzoni che inevitabilmente fanno tirar fuori il cellulare anche ai più critici, come la splendida Lonely day, magistralmente interpretata da Ben da solo con la sua chitarra, Diamonds on the inside, uno dei suoi brani di maggior successo, How dark is gone e Finding our way, per poi chiudere la prima parte con una interpretazione straordinariamente intensa e commovente di Amen Omen, che manda la folla in visibilio.
La voce di Ben è potente e dolce allo stesso tempo, non sgarra di un millimetro, dalla prima all’ultima canzone, canta con una intensità pari alla concentrazione che mette negli assolo di chitarra “stesa”, confermandosi uno dei più grandi interpreti di quest’arte.
Il bis è generoso e regala altri brani, uno più bello dell’altro: When she believes, una delicata ninna nanna che ci ricorda quanto è bello quando la gente ha fiducia in noi, Ain’t no use, Fly one time, una bellissima preghiera cantata, I Shall not walk alone e finalmente uno dei miei pezzi preferiti in assoluto, With my own two hands, in una lunga versione, carica a mille. E’ qui che finalmente Ben si scioglie, molla la chitarra e con le sue due mani cerca il contatto con il pubblico; si sporge, stringe mani in prima fila e pian piano si lascia scivolare in avanti aggrappato alle mani del suo pubblico: non cade solo perché ha fiducia nelle mani della sua gente. In fondo, lo ha appena detto nella canzone, use your own two hands… Poi si da una spinta e torna indietro, è scatenato, salta sulla pedana del batterista e simula un volo d’angelo a braccia spalancate lasciandosi quasi cadere all’indietro.
Villa Torlonia trema dall’entusiasmo del pubblico. Grazie, thank you! Saluta e ringrazia, Ben. Firma un paio di dischi, getta un plettro tra la folla, si batte la mano sul cuore da un lato all’altro del palco, saluta e se ne va. Che meraviglia.
MA CHE BELLO ACIELOAPERTO
Mentre vado a salutare gli organizzatori del concerto penso che a Cesena siamo davvero fortunati. Abbiamo questo gruppo di ragazzi di Retropop Live che da 10 anni ci regala il festival A cielo aperto: un festival straordinario, realizzato con una professionalità seria e rigorosa unita alla passione e all’entusiasmo di un gruppo di amici che ama la musica dal vivo e la vuole condividere con la sua gente, in Romagna. E’ grazie a loro che in questi anni ho potuto ascoltare pezzi da novanta, come Morrisey e i Belle and Sebastian, Manu Chao e finalmente, dopo 2 anni di attesa, questo mostro sacro che risponde al nome di Ben Harper. Grazie, non smettete mai, per favore (www.acieloaperto.it).
(Caterina Molari)