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È indubitabile il fatto che per molti, tra i quali anche fini ascoltatori, i Bluvertigo rappresentino ancora una fonte di disturbo nonchè di un certo fastidio; l’eccessivo istrionismo e le “pose” da rockstar di Morgan e compagni sembrano non andare giù a quelli che ritengono che il rock debba essere necessariamente sinonimo di spontaneità e genuinità. Nonostante ciò, è innegabile il ruolo di primo piano di questa band all’interno del sonnolento panorama musicale italiano, troppo spesso legato all’intramontabile figura del cantautore da palasport o del singolo dell’estate. Aria fresca è quella che si respira al concerto dei Bluvertigo. Alla Festa della Birra di Casoni di Luzzara, il gruppo si presenta sul palco con una scarna scenografia composta da lunghe ragnatele che avvolgono degli specchi deformanti. A riempire la scena ci pensa il cupo e pesante suono della band monzese, spinto agli estremi livelli di sopportabilità. E in effetti proprio il volume eccessivamente potente e i bassi taglia-fiato non permettono al pubblico di godersi i primi brani tratti dall’ultimo album “Zero”, già di per sè non facili all’ascolto. Dopo aver bruciato i timpani dei presenti con detonanti drum machine e synth taglienti (diciamocelo, buona parte di essi erano registrati; rocker ruspanti, ribellatevi!), il gruppo ha recuperato un volto quasi umano con “Fuori dal tempo”, diskeggiante canzone che invita al salto quasi più dei riff di Ligabue. Il concerto si snoda così lungo una carrellata di brani non sempre resi nella maniera migliore, ma di sicuro impatto anche su di un pubblico non necessariamente di affezionati. La scena è dominata dalla figura istrionica ed esagerata di Morgan, indiscusso leader del gruppo, che riesce a gestire i suoi ruoli di cantante, bassista (un basso così distorto riesce a suonare anche solo con la forza del pensiero) e pianista. A fargli da contraltare, l’inquietante ed ambigua presenza di Andy. Apparentemente più concentrato sui suoi balletti robotici che sul suo strumento, Andy è comunque lo stregone del sound elettronico dei Bluvertigo, composto da suoni futuristici e synth anni ’80 dal sapore “vintage”. A conti fatti, questo concerto riesce a rendere tutto ciò che rappresenta il marchio “Bluvertigo”: ricerca sonora ai confini dello sperimentale, una strizzatina d’occhio al dark-new wave inglese anni ’80, raffinatezza compositiva al di sopra della media nazionale (anche dal vivo, brani come “La comprensione” o “Cieli neri” restituiscono in pieno tutto il loro spessore). La prima parte del concerto si chiude con un Morgan che in vena di autoironia declama: “Ziggy played guitar”. Sempre sul filone Bowie si apre la parte dedicata ai bis che prevede, oltre alla hit single “La crisi”, la riuscitissima versione di “Always crashing in the same car”, bellissimo brano del periodo “berlinese” del duca bianco, già presente sul disco. Il concerto si chiude con un altro tributo: sul palco salgono due membri del gruppo “La sintesi” che intonano con Morgan e soci la dolcissima “Ordinary world” dei Duran Duran. Nostalgie a parte, questo concerto mette in luce la vera essenza dei Bluvertigo: musicisti non eccezionalmente preparati tecnicamente, ma sicuramente interessantissimi e in grado di creare grande musica. L’unico rammarico è quello di non aver potuto assistere alla performance con un volume ed un’equalizzazione accettabili, e non aver scoperto in quale boutique meneghina si serve Andy.
21 luglio 2000