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Il secondo album di Rina Sawayama naviga tra sgargianti manifestazioni di colori ed esplorazioni più o meno riuscite di generi tra loro differenti, molti dei quali erano già stati attraversati anche nel suo disco di debutto due anni fa. È una ricerca sincera e divertita ma a volte un po’ confusa, che incuriosisce e che talvolta spiazza nella sua sgargiante versatilità.
Se con Sawayama l’artista britannico-nipponica aveva tentato di esplorare diversi percorsi musicali provando a fonderli mantenendo una certa propensione a navigare nel pop-R&B con qualche sfumatura rock, nel suo secondo lavoro Hold the Girl Sawayama non si contiene più: ogni tipo di influenza musicale che l’ha segnata o appassionata emerge in tutta la sua forza, talvolta con una coerenza sorprendente e magnetica, talvolta con soluzioni più confusionarie e ambigue, in ogni caso con un coraggio non trascurabile, che rende la 32enne un osservato speciale nella scena artistica contemporanea UK. Manifesto di questa fusione di stili e di intenzioni è la title track, accompagnata da un video altrettanto barocco: tra ritmi dance à la Lady Gaga e pieghe ritmiche quasi vicine a Robyn, soluzioni melodiche da art pop, una voce magnetica e a tratti quasi lirica e un momento corale particolarmente epico nel finale, “Hold the Girl” è il sunto perfetto delle intenzioni che l’autrice persegue in tutto il disco.
Altrettanto sorprendente è “This Hell”, anche questo uno dei singoli che ha anticipato il disco. «This hell is better with you / We’re burning up together, baby, that makes two / ‘Cause the devil’s wearing Prada and loves a little drama», canta Rina in una situazione di frenzy generale, mescolando citazioni e rime interne discretamente efficaci tra le danze e i fasci di luce che caratterizzano il video. La sua performance vocale è avvolta anche qui da arrangiamenti baroque pop vibranti e fastosi, continuamente arricchiti da scariche di cinematiche scosse di elettricità e da un solo chitarristico tranciante e virtuosistico, quasi ai confini con l’hard rock, un altro dei generi coi quali Sawayama sembra volere a tratti flirtare. È un caos preparato e ben gestito, che lascia a tratti un po’ spiazzati e ci costringe a interrogarci sul risultato finale di questa ambiziosa fusione di generi e di stili.
Molti, in ogni caso, sono i numeri nei quali le finalità di Sawayama convincono dal primo all’ultimo secondo: un episodio come “Your Age” si muove in bilico tra Anni Novanta e Duemila, con le sue tinte fosche e le sue graffianti esplosioni electro-rock, con la voce che quasi si fonde al tappeto sonoro che la incalza. Molto affascinanti anche le piroette acrobatiche della levigata “Phantom”, dalla melodia ipnotica e soave, sempre infusa di nuances electro che si amalgamano con eleganza. «When did we get so estranged / Haunted by the way I’ve changed», canta Sawayama con piglio seducente, e sembra voler consegnare tutta sé stessa alla sua musica e all’ambiente sonoro e atmosferico che attraverso di essa crea. Altri due numeri notevoli sono “Frankenstein”, coerente nel suo sviluppo interno e particolarmente brillante nella produzione e nell’esecuzione, e “Holy (Til You Let Me Go)”, pop-rock da classifica che sembra sbucato anch’esso da un periodo liminare a cavallo tra ’90s e ’00s con le sue pulsazioni un po’ garage e i suoi beat afrodisiaci.
Parlando di contenuti, Hold the Girl affronta un percorso di analisi e di riconciliazione con se stessi e in particolare con un se stesso più giovane che mette in luce le contraddizioni, le gioie e le paure di qualsiasi giovane di oggi. Si parla di evoluzioni e di sensazioni, di pensieri sfiorati e di desideri appena accarezzati, il tutto condensato in un’esplosione astronomica di legami e mancanze. I vocalizzi talvolta quasi operistici e le interpretazioni cariche di pathos e di spontaneità di Sawayama fanno il resto. La opener “Minor Feelings” si cala subito – testo e musica – in questo teatro di emozionalità; ben presto, però, la direzione dance e le tendenze pop-R&B che il disco accoglie finiscono per privilegiare l’aspetto musicale e ritmico a discapito della vera e propria scrittura dei pezzi, che talvolta sembra un po’ fiacca o poco ispirata.
È probabilmente questo il rischio che si corre quando si tenta di far entrare – a tratti forse anche a forza – nella propria arte tutte le variegate diversità di cui ognuno di noi si compone. Sawayama, però, non perde affatto il suo filo di Arianna: da artista queer e figlia di immigrati qual è, Sawayama sa che è necessario provare a contenere tutto ciò che si è e tutto ciò che si desidera essere, e anche se in alcuni casi ciò fa sì che il lavoro non sia sempre del tutto centrato Hold the Girl resta un’opera più che discreta, matura, che delinea in tutta la loro limpidezza le molteplici declinazioni della sua creatrice.
(72/100)
(Samuele Conficoni)