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Come molti sanno i Junior Boys sono un duo elettropop di raffinati flaneur canadesi (Hamilton, Ontario) dalla lacrimuccia facile. Alla luce di almeno due passati (e celebratissimi) album (ovvero “Last Exit” del 2004 e “So This Is Goodbye”, di due anni dopo) i Junior Boys possono essere considerati senza tema di smentita dei veri e propri maestri di arte synth-pop languida e romanticheggiante, tessitori nostalgici di vezzosi fazzolettini di seta sintetica da strofinarsi sugli occhi o da agitare sulla banchina di un ultimo amore già promesso all’addio. Eppure, duole ammetterlo, in un’annata che, (tra Cut Copy, Holy Ghost!, Mirrors, Friendly Fires, John Maus e Washed Out), più di altre ha deliziato i cultori della materia synth-pop, proprio i primi della classe rischiano di scivolare dietro la lavagna in castigo, per palese impreparazione o svagliatezza.
Le canzoni di “It’s All True” brillano infatti per il loro opaco qualunquismo estetico, anodine e sbiancate come pezzi di mobilia plasticosa a buon mercato. Una patina di liquido edonismo lucida le superfici rilucenti di esercitazioni a loro modo un po’ troppo oziose come “A Truly Happy Ending” o “Banana Ripple”, rimbalzando tra spunti neworderiani mai troppi radicali, melanconici ghiribizzi alla Tears For Fears (“The Resevoir”) e architetture ritmiche in equilibrio tra house alla candeggina e rigurgiti italodisco senza troppa spinta o voluttà (che noia “Kick The Can”!). Il gruppo ne esce stanco e bolso, capace al massimo di solleticare impercettibilmente le gambe ma mai di arrivare ad accarezzare il nostro cuore.
Per concludere: un infinito lavorio di forme leccate e manipolazioni sonore al servizio di una preoccupante anestesia sentimentale, mascherata da benessere soddisfatto.
48/100
(Francesco Giordani)
31 Luglio 2011