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“C’era una volta, ma neanche tanto tempo fa, in una città vicina vicina, un bambino di nome Marcellino Diotisalvi. Marcellino camminava allegro e spensierato sulla via di casa quando decise di attraversare il bosco per ammirare le meraviglie che la natura gli offriva.
All’improvviso il bravo bimbo, intento a calpestare una tranquilla colonia di indifese formiche, quindi forse nemmeno troppo buono, percepì alle sue spalle un grande ombra che si avvicinava sempre più, sempre di più. Poi il nulla, la paura, il buio lo inghiottì.Il giorno dopo una brava bambina, che chiameremo Cappuccetto Calzelunghe, stava portando delle mele e dei fiori alla sua adorata nonna, si trovò a passare per lo stesso bosco nel quale il giorno precedente si era addentrato Marcellino. Quando la piccola vide il corpo ormai privo di vita di Marcellino, urlò e urlò ancora a squarciagola.
Immediate si alzarono le reazioni di tutto il paese, anzi di tutta la nazione, che, di fronte a un crimine tanto orrendo ed efferato, si unì come mai fatto prima nel cordoglio e nella ricerca di giustizia. Anche tutti i media si unirono per aiutare a dare un volto al colpevole: insomma la gente voleva sapere!
Com’era morto? Chi era stato? Ma soprattutto quanto sangue c’era? Il suo corpo era forse stato violato? La gente voleva, anzi, DOVEVA sapere ogni più piccolo particolare per mostrare agli schermi televisivi e alla stampa tutto il proprio dolore e indignazione. Intanto Salvatore Diotisalvi, il papà del povero Marcellino, chiedeva alla stampa e alle televisioni che gli fosse almeno concessa la verità, solo quella, almeno quella. E magari un po’ di pace”.
È strutturato come una fiaba (nerissima) Corpicino di Tuono Pettinato, una discesa nel cuore oscuro dell’informazione e della cronaca nera italiana e probabilmente suo capolavoro assoluto, pubblicato per la prima volta nel 2013 dalla GRRRZetic di Silvana Ghersetti, autrice della bella introduzione di questa nuova edizione di pregio firmata Coconino Press.
E quale miglior modo di esaminarle se non raccontando di un infanticidio, il crimine capace di sollevare maggiormente l’indignazione popolare, l’odio e la curiosità morbosa delle masse? Non sono forse anni che siamo perseguitati dalle immagini di servizi ormai inutili, se non ad alimentare la nostra curiosità, sui casi Scazzi e Gambirasio, solo per citare alcuni dei casi più recenti?
Tuono Pettinato sveglia, ironicamente, il reporter Gianni Martinelli sulle note di “Shiny Happy People” dei R.E.M., per poi gettarlo in una fossa profonda e fetida, dove le sue convinzioni professionali e morali cominciano a vacillare.
Martinelli, giornalista che crede nella libertà di stampa, nell’attendibilità etica e deontologica dell’informazione, ma forse non adatto o non ancora pronto a questo caso, viene scelto per seguire la vicende e le indagini dell’omicidio per lo “Sparviero del Settentrione” un quotidiano che sembra più una lobby segreta di potere, il cui primo socio di maggioranza è stato addirittura Caino e che nella scala gerarchica vede figure “fantozziane” come il centenario Ubaldo Maria Barracuda, ultimo dei padri fondatori, fino ad arrivare ai “Grandi Antichi” creature mistiche e aliene che guidano l’ordine gerarchico.
Attraverso il viaggio di Martinelli, l’autore racconta il circo mediatico che segue queste tragedie e la vicenda che di volta in volta si ripete come un rituale: la santificazione della vittima, la ricerca spasmodica di un colpevole, i ricordi non sempre “coerenti” di chi lo ricorda, i funerali di massa. L’omicidio come rituale di massa, una predisposizione naturale che “serve” alla gente per lasciare da parte i piccoli risentimenti personali e unirsi in un fronte comune.
S’insinua tra le pieghe di questo nuovo ordine sociale la “stampa dell’orrore” con i suoi servizi, con i suoi speciali televisivi e i suoi inviati dalle domande impietose, che modifica ulteriormente il comportamento usuale della comunità con risultati ignobili.
Con Corpicino, Tuono Pettinato mise in atto un’evoluzione autoriale notevole che segnò una vera e propria svolta nella sua carriera. Se eravamo abituati a conoscerlo come abile narratore di storie, qui lo ritroviamo anche esaminatore acuto e pungente di fenomeni sociali.
Il suo stile narrativo cambia e la storia portante accoglie le nuove fasi di pensiero e congetture senza sforzo alcuno. Si è conquistati dal mosaico di situazioni e personaggi che l’autore compone per raccontarci un triste spaccato d’Italia. Martinelli, il protagonista volutamente troppo buono e ingenuo, fornisce terreno fertile per far risaltare le altre figure simboliche del libro, che prendono così forza dagli ammirevoli ideali del reporter.
Nascono così i due personaggi che s’impongono non come semplici comprimari ma assoluti Co-protagonisti, delineati in modo davvero mirabile da Tuono Pettinato. Il Professor Renato Giraldi (basato sulla figura antropologo francese René Girard), mentore di Martinelli e convinto assertore degli studi di Robert J.Flaherty, pioniere dell’etnografia e del film documentaristico, e Il Mangusta, una sorta di Hannibal Lecter “de noartri”: un feroce criminale arricchitosi con i libri autobiografici scritti durante la detenzione, ospite di spettacoli televisivi e con un numeroso seguito di fans. L’unico che si mostra veramente per quello che è: un mostro.
Ed è proprio lo splendido monologo finale che Tuono Pettinato fa recitare a quest’ultimo, a diventare uno dei punti focali del libro. Il Mangusta distrugge e corrompe le certezze, vere o false che siano, di tutti i protagonisti della storia, se non addirittura dello stesso lettore.
Corpicino, Pollicino, Alfredino (Rampi), povero bambino. Tante le assonanze, fonetiche e non, tra vita reale e immaginata, dalla quale Tuono ha forse pescato per creare uno dei migliori volumi di quel lontano 2013.
Un libro letto ascoltando ripetutamente lo struggente pezzo “Alfredo”, pezzo dei Baustelle che affronta il sensazionalismo becero e la mancanza di empatia, ma che mi ha riportato alla mente alcuni profetici film quali “Girolimoni, il mostro di Roma” di Damiano Damiani e naturalmente Sbatti il mostro in prima pagina di Marco Bellocchio il cui protagonista, il reporter Roveda, è la fonte principale di ispirazione per la costruzione del personaggio di Martinelli.
Corpicino è un libro bellissimo e straziante, riuscito in ogni suo particolare, partorito da un autore in stato di grazia che ci ha lasciato davvero troppo presto, per il suo enorme talento e per la sua meravigliosa persona. È un fumetto che fa paura, che fa riflettere e sorgere dubbi su se stessi. I disegni dalla grande componente personale dell’autore ci conducono in una provincia italiana onirica e surreale, attraversata da tutte le contradizioni che con il passare del tempo hanno avuto il tempo di svilupparsi, ingigantirsi e infine diventare reali.
Un fumetto esaltato infine dalla sua parte grafica, dove tavole invase da un flusso ininterrotto di news, alternano una gabbia classica ad altre senza vincoli mettendo in evidenza la grande regia dell’autore pisano e la bontà e l’efficacia del suo iconico tratto “infantile” che amplifica a dismisura la durezza del contesto e delle situazioni in un contrasto di rara durezza.
Un libro fatto di paesaggi impietosi di un’Italia in crisi, simbolici Pinocchi crocefissi e un finale romantico ambientato su un terreno di ex imprese ed esercizi ora falliti dove una volta le coppie andavano a progettare il loro futuro. Un futuro diventato ora mesto presente che dopo la lettura si fatica ad accettare come nostro. Corpicino, che è stato anche inserito nella bibliografia del corso di Criminologia della Facoltà di Psicologia Forense dell’Università di Genova, tenuto dal Prof. Alfredo Verde, rappresenta una delle pietre angolari del fumetto italiano moderno, un capolavoro che questa nuova, bella edizione permette finalmente di recuperare.
(La fiaba iniziale è stata scritta da Michele Garofoli)
Abbiamo parlato di:
Corpicino
Tuono Pettinato
Coconino Press, 2023
160 pagine, cartonato, tricromia – €22,00
ISBN: 9788876185984
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