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“Ho speso troppo tempo e il tempo s’è accorciato / non giro più in cerca di occasioni”: questa linea di testo dei Massimo Volume potrebbe confarsi in maniera adeguata al nuovo album degli amati (scusate questa digressione personalissima…) Blonde Redhead, un trio che ha attraversato quattro decenni (eh sì, sono quattro…) in maniera propria specifica e unica.
I tre non se la sono vista bene, per tante ragioni, e “Sit Down For Dinner” – che arriva a 9 anni dall’ultimo “Barragán” (2014) – avrebbe potuto non vedere la luce: già nel 2017 si parlava di registrazioni a Berlino e poi non se ne seppe più nulla, nel 2019 Kazu perseguì il suo primo album solista (“Adult Baby”), e solitamente questo potrebbe non essere un buon indizio di salute del collettivo. Oh, ci sono miriadi di gruppi in cui la band stessa sopravvive ai progetti solisti dei singoli, ma ciò lo si dice solo dopo, quando si è visto che la strada solitaria del componente non ha intaccato la coesione della compagine. Infine, altra tegola nel percorso di questa re-entry, quest’estate Amedeo Pace si è ammalato gravemente ed è stato ricoverato con la malattia di Lyme e un’infezione simile alla malaria chiamata babesiosi.
Tutto superato, o quasi, i Blonde Redhead sono come una famiglia che, parafrasando il titolo di questo album, si ritrova a cena insieme e riesce così far emergere ciò che unisce rispetto a quello che divide. Tempo fa un loro comunicato stampa sottolineava che “quando sono in tour o stanno provando, condividono sempre un pasto, a prescindere da tutto”. In realtà l’immagine pacificatrice della cena non va presa alla lettera, visto che Kazu ha precisato: “La cena è secondaria rispetto alla morte. Il titolo dell’album è tratto da ‘L’anno del pensiero magico’ di Joan Didion: “La vita cambia velocemente. La vita cambia nell’istante. Ti siedi a cena e la vita come la conosci finisce”. ‘Sit Down For Dinner’ parla in realtà di come chiunque possa cessare di esistere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, compreso, ma non solo, il tavolo da pranzo. “Invece di mangiare, potresti morire”.
Ecco, siamo dunque arrivati al punto: “Sit Down For Dinner” non è un album della maturità, è oltre. Mette in scena la consapevolezza che la vita è fragile, un pensiero che naturalmente viene interiorizzato (per fortuna) solo tardi negli anni. E si sente. I BR hanno abbandonato da tempo le distorsioni, gli inneschi e le cacofonie, e – tralasciato anche il pop (“23”) e l’elettronica (“Penny Sparkle”) – sono arrivati a suonare una musica evocativa, nostalgica, cagionevole. Un po’ come ha fatto ultimamente PJ Harvey, il trio ha ridotto all’osso gli arrangiamenti per andare al nocciuolo delle cose, al senso delle stesse. Nella bellissima “Not for Me” ad esempio Amedeo canta “I thought you wanted light / Now I want to know you are fine” e mette in contrapposizione le massime aspirazioni (la luce) con la realtà (stare quantomeno bene). Le aspettative diminuiscono col passare degli anni. Ma quel sentimento di coscienza, ed accettazione, dei tempi che mutano non sana del tutto qualche rimpianto (“If only changes / Would have made us grow”, “Se solo i cambiamenti ci avessero fatto crescere!”, è un rammarico contenuto in “I Thought You Should Know”) e non fa superare certi comprensibili dubbi (“If I tell you now what I’ve done before / Will you still love me like before?”: “Se ti dico ora quello che ho fatto in passato mi amerai ancora come prima?”, in “Before”).
Il tono è dimesso, distaccato, delicatamente struggente come gli arpeggi finali in “Before” o come le note di pianoforte iniziali di “Via Savona”, i Blonde Redhead sembra che stiano mettendo in scena la colonna sonora di un film che è poi il film della loro vita insieme. Non più violenta, piuttosto: riappacificata.
74/100
(Paolo Bardelli)