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Quando nel 1988 il musicista e produttore britannico Brian Eno consegnava alle stampe “Ambient 1: Music for Airports”, il beneamato LP che da molti viene posto come punto d’inizio di una moderna musica ‘ambient’, segnò un punto di svolta riguardo a certi percorsi compositivi interni alla musica occidentale. Certamente Eno non fu il primo musicista europeo a tentare una strada ‘distesa’ per la propria musica: già poco prima dell’inizio dello scorso secolo, il periodo impressionista che coinvolse musicisti come Erik Satie o Claude Debussy diedero ai loro brani sonorità dense, ricche di sostegno in modo da sfruttare al massimo le potenzialità del pianoforte, e melodie melliflue pronte a perdersi nell’aria.
Da lì il passaggio agli orientalismi sinfonici dell’italiano Giacinto Scelsi, che nella sua azione compositiva si rifaceva a pochissime note (il suo lavoro più famoso furono infatti i “Quattro pezzi su una nota sola”) indagando sull’ontologia e la metafisica del suono, soprattutto nella concezione di genesi dal silenzio. Pochi anni dopo fu il turno dei minimalisti americani, da Terry Riley a LaMonte Young, che di fatto continuarono nel lavoro di prosciugamento dell’andamento melodico e di suoni che abitavano uno spazio.
L’azione di Eno fu, da un punto di vista dell’intenzione, molto più netta: proseguire su quel tracciato aperto da tanti grandi della musica contemporanea e legare queste melodie astratte a un (non)uogo preciso: un aeroporto. Il tempo sospeso in più o meno larghe sale d’aspetto e hall, in attesa di passare i gate per prendere il proprio posto sull’aereo sembra il luogo perfetto per proporre -o ambientare- queste composizioni che pare non si sviluppino mai, quasi più adatte a un ascolto passivo che attivo, e nobilitando quell’intenzione chill che aveva la precedente muzak (o, più volgarmente, musica per ascensori).
Il mondo in cui Eno si trova ad agire è quello degli ultimi anni di Margaret Thatcher come Primo Ministro inglese e Ronald Reagan come presidente USA, la definitiva vittoria del neoliberismo di stampo anglosassone. Ma anche gli anni del disfacimento del blocco sovietico, con il muro di Berlino pronto a essere abbattuto e la perestrojka di Gorbacev in atto. Per molti aspetti quindi l’apice della cultura occidentale capitalista e democratica, che pure nasconde sotto il tappeto le sue tante e insanabili contraddizioni e problematiche irrisolte.
E sono proprio quelle contraddizioni, quei problemi e una discussione mai affrontata su privilegi di classi e corpi d’elitè e decoloniaslimo che porta Chino Amobi, artista multi disciplinare e fondatore di NON Worldwide, alla produzione di “Airport Music for Black Folk” nel 2016, durante un periodo di residenza a Berlino.
Non è più il mondo di Eno, in cui l’esperienza del volo è ancora limitata a categorie privilegiate di soggetti, ma una informe Babele nella quale si è costantemente controllati, filmati, perquisiti e in alcuni casi perseguitati. I corpi non privilegiati, all’interno di questi non luoghi, hanno l’onore e l’onere di ottenere un’identità, protagonisti inconsapevoli di un Grande Fratello diretto da istituzioni e forze dell’ordine.
Su queste basi di pensiero, le sette tracce prodotte da Chino Amobi ispirate a esperienze e sapori di sei aeroporti europei attraversati, ribalta la concezione attuata da Eno nel suo disco di 28 anni prima. Al posto di cori angelici e piccole frasi di pianoforte, voci inquetanti e suoni d’impatto, in una mistura inquietante e minacciosa. Il mellifluo aeroporto classy di Brian Eno viene smembrato, tra droni e collage di campionamenti. Ambienti sonori dove ambient e noise si incontrano, per accentuare la frattura tra il nonluogo e l’immanenza dei corpi attraverso una visione radicale e vogliosa di aggiungere un contraddittorio a quella narrazione a senso unico delineata dall’ex membro dei Roxy Music.
Ma anche, ad avviso di chi scrive, una tra le tanti riflessioni possibili sulla correlazione tra musiche d’ambiente ed elementi noise, percepiti sia come eventi sonori che come elementi di disturbo nella propria presenza negli spazi. Che in una società così incentrata su tecnologia e controllo il noise sia la forma di ambient music più efficace?
(PS: il titolo di questo articolo vuole essere un richiamo all’ottima uscita uscita di djlostboi, “Music for Landings”, pubblicata nel Febbraio 2023 ed ennesima testimonianza di quanto questo tema riesca, in maniera trasversale e a distanza di vari decenni, ad accendere le creatività di artisti diversi in giro per il mondo)
(Matteo Mannocci)