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I Wild Rivers sono Devan Glover (voce), Khalid Yassein (chitarra, voce, tastiere) e Andrew Oliver (chitarra solista, sintetizzatori) e hanno da poco pubblicato il loro nuovo album, il seguito dell’acclamato ‘Sidelines’ del 2022, ‘Never Better’, uscito il 26 luglio.
Diversi elementi sia musicali che a livello di scrittura ce li ha fatti ritrovare più maturi e curiosi di intraprendere nuove strade.
Per questo abbiamo sentito Devan Glover e le abbiamo chiesto cosa li ha spinti a cercare nuove strade e cosa hanno voluto dirci con il nuovo lavoro.
Confrontando il tuo primo album e il nuovissimo, il tuo sound è passato da una tendenza folk a una direzione più indie-rock. Cosa ha ispirato questo cambiamento?
WR: Penso che si sia evoluto naturalmente nel tempo e non sia stato necessariamente un cambiamento consapevole dal folk.
Siamo una band da 10 anni e abbiamo sempre amato diversi generi musicali, quindi cerchiamo solo di fare ciò che ci ispira in quel momento.
Probabilmente è stato anche influenzato dal fatto di andare spesso in tour e dal fatto che volevamo che il nostro spettacolo dal vivo fosse energico ed emozionante. Molti dei nostri arrangiamenti dal vivo sono molto più da band delle nostre registrazioni in studio e avevamo sicuramente in mente lo spettacolo mentre producevamo le nuove canzoni e visualizzavamo come avrebbero potuto tradursi in una stanza piena di persone.
Se alcuni brani fossero ridotti all’osso, suonerebbero come canzoni folk basate su una chitarra acustica, ma forse stiamo cercando di vivere in parte il nostro desiderio segreto di essere una rock band e abbiamo preferito un approccio diveros
Con un tale mix di influenze nella band, come funziona il processo di scrittura delle canzoni per Wild Rivers? È uno sforzo collaborativo o inizia con idee individuali?
WR: tutte le risposte precedenti! Cerchiamo di affrontare la scrittura delle canzoni da tutte le diverse angolazioni. In tre, ci approcciamo tutti in modo leggermente diverso: io (Devan) tendo ad avere un testo o un concetto in mente prima di fare freestyle per cercare alcune melodie e in un certo senso lasciare che i testi arrivino di pari passo.
Khal di solito “canta” sugli accordi finché le parole non si rivelano, e poi cerca un significato finché non inizia a formare una narrazione, è un approccio che arriva dal subconscio.
Ad Andrew piace iniziare con gli accordi o la produzione e procedere da lì. Quindi, quando scriviamo insieme, siamo in grado di cambiare approccio, il che può rendere il processo davvero efficiente, perché quando ci blocchiamo, possiamo guardarlo da angolazioni diverse.
Ci piace molto anche collaborare con altri autori, perché impariamo molto da loro.
Nel nostro nuovo album “Never Better”, alcune canzoni sono nate da idee individuali, altre sono state scritte insieme alla band e alcune sono nate da sessioni di scrittura con altri autori a Los Angeles, Nashville e Londra.
I testi spesso toccano temi di amore, perdita e crescita personale. Quali sono alcune delle tue più grandi fonti di ispirazione quando crei le tue storie?
WR: Principalmente esperienze personali. Probabilmente puoi capire dalle nostre canzoni che abbiamo attraversato collettivamente alcune rotture…
In questo album, abbiamo cercato di sfidare i nostri temi abituali e scrivere della fase delle nostre vite in cui ci troviamo tutti. Siamo una band da 10 anni e ne abbiamo attraversate tante insieme.
Stiamo per compiere 30 anni e stiamo cercando di dare priorità alla felicità, alla salute mentale e all’accettazione. Siamo più a nostro agio con le nostre identità di quanto non lo siamo mai stati.
Questo è in parte ciò che ci ha spinto a chiamare l’album “Never Better”.
È un po’ ironico, ma è pensato per rappresentare tutte queste cose.
Qual è la canzone più difficile da completare nell’album Never Better?
WR: “Everywhere I Go” è stata un po’ un enigma, perché è iniziata come una ballata per pianoforte, ma volevamo produrla come una canzone pop elettronica più trascinante, per ricontestualizzare i testi come positivi e pieni di speranza.
Abbiamo provato diverse soluzioni prima di arrivare a quello che c’è sul disco principalmente perchè abbiamo avuto difficoltà a definire come volevamo che suonasse la batteria. È stata una sfida divertente per noi, perché molte delle nostre canzoni sono molto create in presaa diretta o quasi e quindi era un territorio abbastanza insolito da esplorare.
“Dance” è quella che mi piace di più, è molto diversa rispetto alle altre. Potresti spiegare il significato e l’origine di questa canzone?
WR: Grazie! È anche una delle mie preferite. Volevo scrivere una canzone romantica e sognante per il disco. Qualcosa che non fosse troppo denso di testi e che sembrasse semplice e chiaro, come quando ti innamori di qualcuno.
Quella sensazione è così semplice e pura quando accade: “Mi piaci e voglio stare con te”.
Quando l’ho scritta, avevo una visione molto chiara di come volevo che suonasse nella mia testa e quando l’ho portata alla band, l’hanno realizzata esattamente come l’avevo sentita. È stata la canzone più facile da registrare, perché tutti l’hanno capita subito.
La registrazione è una ripresa completamente dal vivo e per me sembra intrisa di un po’ di magia.
Qual è la cosa più folle o divertente che un fan abbia mai fatto a uno spettacolo?
WR: Una volta qualcuno ha fatto una proposta di matrimonio a uno spettacolo! Abbiamo finito per creare un cerchio sulla pista da ballo per fargli fare il loro “primo ballo” sulle note della nostra canzone Heart Attack. Lei ha detto di sì, per fortuna.
Quando verrete a suonare in Italia?
WR: Spero presto! Stiamo cercando di trascorrere più tempo possibile in Italia. Ho visitato Firenze per la prima volta qualche mese fa e me ne sono innamorata.