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Stasera i Sofa Boys si esibiranno a Pellegrino Parmense, nell’ambito del festival Rock In The Village 2024 che vede anche il supporto di Kalporz. È l’occasione per fare la conoscenza con questa band di Parma colta ed evoluta, che non ha particolari riferimenti se non quelli di un cantautorato sofisticato e quasi progressivo. Successori della cult band parmigiana Reflue e come sempre guidati dal cantante, chitarrista e autore Federico Del Santo, i Sofa Boys portano avanti un alt-rock raffinato ed elegante, e hanno all’attivo il bellissimo “In These Days” uscito l’ultimo giorno del 2023.
Sentiamo proprio cosa ha da dire Federico.
Qual è il significato del nome?
Il nome è preso da un verso della canzone “Honey & Liquor” scritto da Alex Jones. Ci è piaciuto e particolarmente adatto al periodo pandemico che ci vedeva spesso osservare il mondo dal divano di casa.
Cosa ti ha spinto a “rimettere in piedi la band”, come dicevano i Blues Brothers?
Avere ancora qualcosa da cercare; che oltretutto, tra la fatica di portare avanti un progetto musicale in questa fase della vita (già abbastanza piena e complessa) e il vuoto della sua assenza, rende assolutamente meglio la prima.
L’approccio alla scrittura delle canzoni è cambiato o è lo stesso del passato?
In linea di massima è rimasto lo stesso; oggi forse manca un riferimento più sentito alla contemporaneità che cerchiamo sempre di seguire per capire dove sta andando la musica; diventa quindi importante la fase di arrangiamento e di editing che sposta gli equilibri da una parte o dall’altra.
Cosa significa, per te, poter continuare a esprimerti con una band?
La condivisione e lo scambio di idee tra persone attraverso il suono rimane un’esperienza impagabile.
Come è nato l’album? C’è una canzone a cui sei particolarmente legato o che trovi significativa?
L’album è nato inizialmente come esperimento sonoro per misurarsi su terreni meno consueti grazie all’utilizzo di basi elettroniche; in questo senso il brano che ci è servito come test e che ci ha spinti a proseguire in questa direzione lasciandoci intravedere il potenziale del nuovo set up è “Spades”: nella precedente versione era un funk andante che poggiava su schemi abbastanza canonici; nel nuovo arrangiamento si è trasformato in un’electro ballata ipnotica e ossessiva ed era quello che stavamo cercando, anche se l’album prende poi anche altre strade.
Sei tornato a scrivere canzoni in italiano. A cosa è dovuto? Lo userai anche in futuro?
Nel primo disco dei Reflue (“Slo Mo”) erano presenti brani in italiano o addirittura in italiano e inglese nella stessa canzone. L’idea di ritornare a cimentarsi con la lingua madre è arrivata dopo una vacanza caratterizzata da ascolti di classici quali Paolo Conte e Lucio Dalla soprattutto, ma anche Mina; Non ultimo il confronto con gli ottimi lavori di amici quali Il Peggio è Passato e Guido Maria Grillo che hanno funto da ispirazione in questo senso. È stata questa anche l’occasione di recuperare ascolti di produzioni anni ‘90 e 2000 molto amate all’epoca (vedi Cristina Donà, Afterhours Marco Parente per citarne alcuni) che hanno fatto riscoprire la forza dell’italiano anche in ambito meno cantautorale. Per il futuro potrà sicuramente essere discorso da approfondire.