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Il nuovo nome da appuntarsi tra i gruppi indipendenti italiani è quello dei veronesi Slumber, che i più attenti avranno già notato per l’incantevole “Christ of the road” che brillava all’interno della compilation di presentazione della Fosbury Records “Primo Salto”. Una canzone che rimandava a suoni e cadenze di Pavement e Grandaddy e lasciava intravedere grandi capacità di scrittura.
Il loro esordio “Never been a girl” mantiene le promesse e si spinge ancora più in là, perché è un disco pieno zeppo di grandi melodie e canzoni riuscite. A volte tanto brevi quanto fulminanti, come i settanta secondi sghembi di “Your tv sucks”, chitarre graffianti e melodia contagiosa come se a suonarla fossero dei novelli Guided By Voices.
A conferma che il punto di riferimento degli Slumber è il rock indipendente americano degli ultimi dieci anni, nonostante compaia qualche richiamo all’ariosità di certe armonie care a Teenage Fan Club e Delgados. Ma gli Slumber sembrano più ruvidi, più emotivi, più impetuosi, tanto che il nome a cui li si accosta più facilmente finisce per essere quello dei grandissimi Built To Spill. C’è la stessa forza delle melodie, la stessa ritmica serrata e le stesse chitarre ruvide e graffianti che quando si distendono finiscono per travolgerti insieme a loro. Accade subito nell’incipit “Girls always wear black” e poi nella trascinante “Wivenhoe, Essex” e ancora in “Get up number 1” e “A popular stoner”.
Né mancano riferimenti ai Pixies, come in “Brand new”, dove il ritmo diventa più squadrato, o all’indolenza di Pavement e Grandaddy, nella sempre incantevole “Christ of the road” e “Everything you know”. Ma sono i momenti più quieti che mettono a nudo il talento del gruppo. Prima la timida ballata intitolata “Teena”, con la sua armonia lucida e il crescendo lento e inevitabile, poi la luminosa “Beat (your) generation” che invita a riscoprire Jack Kerouac in una canzone che ricorda i R.E.M. di inizio carriera.