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Se il precedente “One dove” aveva dato grandi dimostrazioni sulla classe e le possibilità di Dot Allison, questo nuovo “We are science” conferma ed aumenta la sensazione di essere di fronte ad un’artista varia e di grandi potenzialità, le quali cominciano ad assumere contorni sempre più netti e precisi. Tale maturazione si rivela anche nella decisa presa di responsabilità di controllo artistico: la Allison si occupa infatti in prima persona della produzione dell’album, coadiuvata da Keith Tenniswood dei Two Lone Swordsmen e saltuariamente affiancata da membri dei Death In Vegas e Mercury Rev.
Il suono ora punta verso una sorta di elettrodance di classe, con particolari riferimenti a certi momenti musicali tipici degli anni ’80. Si passa così da atmosfere che partono dal cupo battito senza speranza delle produzioni Factory Records (Martin Hannett = Joy Division), a citazioni fredde e geometriche modello Kraftwerk, fino a momenti più esplosivi e frenetici vicini agli Shamen epoca “In Gorbatchev we trust”. I riferimenti al citato periodo anni ’80 continuano e si estrinsecano nelle affascinanti costruzioni sonore chiamate “I think i love you”, “Make it happen” o “Strung out”, dove Dot coniuga con eccellente abilità richiami che fanno venire in mente le prime sperimentazioni dei non ancora famosi Human League ed addirittura degli inarrivabili Wire dei leggendari “Chairs missing” e “154”.
Insieme a queste indubbie doti di assemblatrice, doti che le consentono di aspirare ad una patente di originalità indubbia, vogliamo anche sottolineare la voce bella ed emozionante della Allison, un vestito che calza sempre alla perfezione con qualsiasi corpo musicale gli si chieda di “indossare”. Un disco importante, pulsante, energico e contemporaneamente sfuggente, da gustare in profondità, dunque da avere.