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Ho visto poco tempo fa una foto che rappresenta in maniera ineccepibile la musica delle Au Revoir Simone: le tre newyorkesi sono stravaccate in una stanza d’albergo con delle tastierine davanti, il letto sfatto, l’indolenza di piccole batterie elettroniche e onirici organetti che trasuda oltre lo scatto e le ferma lì, intente in un momento creativo e assolutamente banale, quasi a dire che la bellezza si può trovare anche nelle cose insignificanti.
In “Still Light, Still Night” le tre ritornano nel loro mondo trasognato che è fatto di colori pastello, di zuccherosi e agrodolci carillon (“Another Likely Story”) che stendono il tappeto in questo altrove fiabesco dove ci immaginiamo tutto piccolo: una casina, una porticina, un tavolino, dei piattini e delle forchettine. Come moderne Alici le Au Revoir Simone si preoccupano di essere semplici, acqua e sapone, e al primo ascolto potrebbero sembrare povere. Ma è solo una breve e fugace impressione: gli ascolti più attenti mostrano che dietro l’apparente minimalismo dei pianoforti (piccoli) di “The Last One” o “Take Me As I Am” c’è un calore inarrivabile, il tenero tepore delle buone cose e delle buone giornate.
Alcune canzoni sono davvero ben scritte (“All Or Nothing” e “Organized Scenery” hanno melodie e sviluppi decisamente belli), altre (“We Are Here”, “The Last One”) servono per ricreare tutt’attorno all’ascoltatore la necessaria scenografia (piccola) che prima provavamo a descrivere: il tutto è comunque omogeneo e assolutamente coerente. Le voci di Erika, Annie ed Heather si rincorrono delicate ed eteree, e quando ad esse si associa una fisarmonica musette come in “Only You Can Me You Happy” è quasi un’apoteosi multicolor in cui manca solo il Coniglio Bianco per essere nel Paese delle Meraviglie.
C’è stato chi ha provato (Jean-Benoît Dunckel degli Air, Alexis Taylor degli Hot Chip, i Teenagers ed altri) a trasformare le Au Revoir Simone in qualcosa di più corposo, strutturato, e ne è fuoriuscito, sul finire del 2008, l’album di remix “Reverse Migration”: il risultato andava bene, era più trascinante, ma si sa che non era quella la dimensione vera delle Au Revoir Simone.
È invece il regno (piccolo) di “Still Light, Still Night” il luogo dove le tre di Brooklyn hanno scelto di portarci. Ci sarà un re? Ovviamente, crediamo, un Piccolo Principe.