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Non so quanti conoscano Jay Bennett per la sua carriera solista e in effetti è anche assurdo pensare che molti lo conoscano per i suoi trascorsi nei Wilco (per “Being There” e “Summerteeth”, in effetti ha avuto un tempismo invidiabile a mollare tutto prima che diventassero la migliore band del mondo). Comunque, Bennett è un fine autore di canzoni all’americana ma non americano. Mi spiego: non è un buzzurro country che beve Jack Daniel’s in sella ad una vacca grassa, ma cesella melodie di ottima fattura che guardano alla tradizione del pop “colto” alla Van Dyke Parks e Brian Wilson e al cantautorato agrodolce (cit.) degli anni ’70 come Gram Parsons… ma anche James Taylor. Insomma, c’è molta melodia in questo “The Magnificent Defeat”, quarto album di una discografia in tono minore, capace di ottimi lampi e ben più lunghi periodi d’ombra. Bennett si porta dietro i pregi e i difetti dei loser made in USA, non risparmiandosi errori di percorso (come le troppe canzoni, quattordici, che rendono molto più lunghi dell’effettivo i 53 minuti di durata) e mostrando appieno i suoi limiti. E’ pur vero che le melodie sono azzeccate – soprattutto in “Wide Open”, “The Palace At 4 AM” e “Replace You” – e alcune intuizioni hanno un che di geniale. Ma da qui a definire l’opera di Bennett essenziale ce ne passa. Un buon ascolto, nulla più.