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Terzo disco in un anno per i Bright Eyes. Conor Oberst come Ryan Adams? Vagamente. Anche il genietto di Omaha è affetto dalla logorrea creativa che caratterizza più o meno il 50% dei cantautori americani, ma l’oggetto in questione è un live, quindi non possiamo considerarlo come il trittico dell’ex Whiskeytown o i progetti paralleli di Oldham (anche lui ha di recente pubblicato un disco dal vivo e un disco di cover assieme ai Tortoise). “Motion Sickness” è la cronaca di un concerto dell’ultima tournèe acustica della band, quella di “I’m Wide Awake It’s Morning”, la stessa cui abbiamo assistito nella sua data milanese (vedi recensione).
Più che nelle prove in studio, questo lavoro sottolinea la verve di Conor Oberst, ormai molto più rock e debitrice delle tradizioni statunitensi quali il folk – la struttura permeante di tutte le sue canzoni viene da quel canovaccio – e il country, sopratutto in certi arrangiamenti in cui la band si lancia in escursioni che rimandano a Gram Parsons, Neil Young (non quello coi Crazy Horse, ma quello di “Harvest”, all’incirca) e i contemporanei Okkervil River, che con il Nostro hanno in comune una certa carica emotiva e un certo appeal melodico che va ben oltre un cantato perennemente enfatico e sopra le righe.
Tra le chicche che appagheranno il palato degli esegeti completisti, segnaliamo una cover di Elliott Smith (“The Biggest Lie”), una di Leslie Feist (“Mushaboom”) e l’inedita “When The President Talks To God”, forse il pezzo più politico mai scritto dal cantautore del Nebraska, che chiude il cerchio aperto con la partecipazione della band al “Vote For Change” di Bruce Springsteen. Un prodotto per fan, essenzialmente. Ma anche per chi vuole addentrarsi in un’ora abbondante di rock d’autore in chiave contemporanea e per chi vuole capire quanto questo chiacchierato artista ci sappia effettivamente fare con la musica. Abbiamo ancora dei dubbi?