Quando c’è di mezzo Mark Eitzel si finisce in modo inevitabile per parlare di tutte quelle cose che incontriamo nella nostra vita, aspettative non realizzate, piccole o grandi delusioni. Perché lui, Mark Eitzel, prima con gli American Music Club e da qualche tempo in proprio, ha raccolto parecchi complimenti dalla critica, una quantità notevole di grandi canzoni, ma pochi dischi venduti e un seguito di culto.
Eppure ogni disco di Eitzel merita di essere ascoltato per la capacità di scrivere brani intensi e onesti come praticamente nessun altro. In questo poi, intitolato “The Invisible Man”, fa quasi tutto da solo e decide di ricorrere anche all’elettronica. La sorpresa è che le canzoni ne vengono fuori come non ti aspetteresti, oscure e profonde ballate come “The Boy With The Hammer”, “To The Sea” e la memorabile “Steve I Knew You Waned Me”, battuta lenta come per i Portishead, una voce sussurrata e aspra, una melodia seducente. Canzoni amare, come appunto “Bitterness”, perché come canta Eitzel, “L’amarezza avvelena la tua anima” o la struggente “With Out You”. Ma la sorpresa è anche nel constatare che non c’è mai stata una tale abbondanza di canzoni solari, a partire dalla dolcezza di “Can You See?”, fino alla rarefazione di “Sleep” e all’accenno di soul di “Shine”. O alla gioiosa confusione, ma, c’è da scommetterci, piena di ironia amara, di “Proclam Your Joy”. Forse Mark Eitzel rimarrà un artista per pochi, ma è questo che ve lo farà amare ancora di più.