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I tre Gossip partono dall’Arkansas e arrivano a Portland. Ma nessuno di questi due luoghi è adatto a loro. La loro città ideale sarebbe Detroit: il calore della Motown da una parte, la furia sporca di Stooges ed MC5 dall’altra; “Standing in the way of control” si consuma così, sul filo che unisce soul e punk. I Gossip sono un trio, ma è Beth Ditto a catalizzare l’attenzione dal primo istante: burrosa, magnetica, sensuale, la voce che sembra uno scontro tra il tono roco di Bettye Lavette e la peccaminosa sfacciataggine di Karen O degli Yeah Yeah Yeahs, Beth pone stessa sul proscenio, e i due comprimari si limitano a una dignitosa presenza di contorno.
Rispetto all’esordio, il suono vira su territori trendy tra dance e punk, con ottimi risultati: la title-track è una bomba vitaminica (e Le Tigre non si sforzano molto nel remixarla per potenziarne il beat), la ritmica serrata contiene a fatica una voce che trabocca da ogni parte in “Your mangled heart”, e su “Eyes open” si scontra con un riff di memoria zeppeliniana.
Il disco procede a ritmi serrati, e non sempre è un bene: nonostante una voce prodigiosa, i brani rischiano di assomigliarsi un po’ tutti, e la produzione di Guy Picciotto non riesce ad evitare una certa ripetitività; solo in due momenti si rallenta, ed è in “Coal to diamonds” e nella pianistica “Dark lines” che emerge il lato più soul della formazione. Chi ha fretta di catalogare i Gossip come riot grrrls fuori tempo massimo ha i suoi elementi (Portland e la Kill Rock Stars lasciano pochi dubbi in proposito, così come “Jealous girls” riporta alla mente il manifesto del movimento redatto da Kathleen Hanna), ma nel trio batte un cuore diverso, che odora di 1969 e del rumore industriale della Motor City.