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C’è qualcosa di irritante nella facilità con cui i Lonely Drifter Karen riescono a porgerti la loro musica: tutto sembra riuscire senza il minimo sforzo. Non un briciolo di maniera, non un virtuosismo fuori luogo, mai una smorfia compiaciuta. Tutto scorre perfettamente, come se queste gemme folk-jazzy fossero sempre state lì in bella mostra, e i tre non avessero dovuto far altro che chinarsi a raccoglierle per farle proprie con un’espressione sorpresa e divertita.
Eppure, basta ascoltare con attenzione per scorgere un giardino di arrangiamenti leggerissimi e preziosi, colorati e morbidi. Viene voglia di fischiettarlo da capo a piedi, un disco così, dove la malinconia si ferma un attimo prima di diventare tristezza (la tenue musette di “Julien”) e la voce naturalmente jazz saltella su melodie solari con la stessa grazia con cui si adagia nei momenti più sinuosi.
Viene in mente Hanne Hukkelberg, un’altra capace di far sembrare naturali tutte le cose complicatissime che fa, le trovate iridescenti delle sue dita; anche quando osano, i Lonely Drifter Karen appaiono leggeri e perfetti, come nel mambo per piano, voce e percussioni di “A roof somewhere” (che potrebbe piacere non poco a Beatrice Antolini), o in una “Eventually” che pare quasi spogliare i Blondie di qualsiasi glamour, per poi convincere Debbie Harry a fare un giro in bicicletta in mezzo ai campi, invece che rimanere a trastullarsi coi lustrini.
Questo disco assomiglia a un pomeriggio di primavera assolato, con un filo di vento a increspare la pelle. Ha l’entusiasmo quieto di un adulto in pace con se stesso, che non ha paura di cogliere quell’occasione che potrebbe farlo felice (proprio quello che non fa il protagonista di “Something’s scorching”), e che sa accettare il fatto che non sei mai tu a visitare una città, ma che è lei a imporre percorsi e ricordi di amori volati via (“Side by side”, un pezzo che Martina Topley-Bird avrebbe reso noir e che qui, invece, è un groppo in gola sottile).
Giocoso e brillante, facile e profondo: dischi come “Fall of spring” andrebbero regalati agli amici, solo per sbirciarli mentre si arrendono alle canzoni e sorridono.