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Ritornano i Masoko, dopo i fasti snowdoniani di “Bubù7te”, con il nuovo ep “M”, prodotto da Giorgio Canali, e non c’è troppo da festeggiare. Sarà che il revival new wave ormai è roba così vecchia e fredda che in tanti, disperatamente e impavidamente, invocano, per liberarsene definitivamente, la riabilitazione dell’eurodisco ’90 più tamarra e ortodossa (Corona, La Bouche e Haddaway sono i nuovi numi tutelari che la neoavanguardia pop deve decidersi a seguire!); sarà che il gruppo romano le sue (poche) idee se l’è già tutte belle e che giocate; sarà che Vico mica diceva stronzate quando parlava di corsi e ricorsi storici, ma il tempo dei Masoko sembra proprio finito.
A essere sinceri i Masoko ce la mettono tutta per sfornare qualche buona canzone tecno-pop ’80 oriented, cercando la varietà musicale e la leggerezza, con testi semplici semplici e non pretestuosi e ammiccando – così come genere comanda – un po’ alla deficienza e un po’ all’intelligenza, ma francamente non ci sanno più fare (proprio niente savoir faire). Non hanno la stoffa e l’estro necessari per potersi innalzare a degna imitazione italiana, e italianamente edulcorata, dei Klaxons, né la brillantezza e la freschezza dei connazionali Ex Otago, o degli Amari (anche se li chiamano in aiuto nel falsetto bluriano di “Musica”). Purtroppo, questa volta, il giochino della musica debole non è riuscito e le intuizioni, insieme alle realizzazioni estetiche, navigano le acque putride dell’ovvio.
Gli arrangiamenti, molto più leccati e puliti rispetto al passato, sciupano quanto di buono rimane dell’attitudine scanzonata e goliardica del quartetto, palesando piattume e prevedibilità che puzza di ingiustificabili velleità da classifica. Eppure il gruppo non sembra completamente dissennato. Nel primo pezzo “Savoir Faire” i Masoko ammettono con arida e sterile ironia la loro incapacità nel “sapersi comportare”: spero che tale proclama nasconda un pizzico di reale autocoscienza; in questo caso i ragazzi potrebbero, postmodernamente, controbilanciare lo scialbo ep con una sincera e umile dichiarazione d’intenti, guadagnando, se non altro, qualche punto “onestà intellettuale”. Purtroppo, al di là di ogni giustificazione a posteriori, il pezzo è un ipocrita divertissement spento, tenuto in vita da una vaga e malriuscita allusione ai Cure periodo “Plastic Passion”. Tutto troppo puerile anche per essere faceto.
Si va un po’ meglio con la citazione videogame e l’andamento incalzante del pop-punkettoso “Maiale”, che con il suo riff sputtanatissimo riesce a strappare un sorriso, prima di perdersi, pur nei suoi scarsi 1:55 di durata, nella prolissa e noiosa prevedibilità. “Manger” e “Non devi aver paura” sono due momenti da dimenticare, puri riempitivi che speriamo non ritrovare sul prossimo cd. In “Musica” gli Amari, chiamati a salvare la baracca, donano un po’ di bollicine (brit)pop, groove e fantasia, ma davvero non è abbastanza.
A questo punto aspettiamo i Masoko alla prova della lunga distanza sul prossimo disco (che, a quanto si dice, si chiamerà “Masokismo”), sperando che le idee del gruppo e la produzione di Giorgio, luca-cordero-dimontezemolo-rock, Canali (noto ai più come “prezzemolino in ogni minestra”) portino a esiti migliori, possibilmente liberi dai cliché di questo saturo genere-non-genere chiamato new wave – sul serio – diventato un po’ troppo “old”.