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“A Saucerful of Secrets” è un disco di importanza cruciale nella discografia dei Pink Floyd. Non perchè segni particolari scarti rispetto all’esordio di “Piper at the Gates of Dawn”, ma perché fotografa il momento preciso in cui la guida del gruppo passò dalle mani di Syd Barrett a quelle di Roger Waters.
E’ il 1968 e Barrett inizia a mostrare i segni di quell’instabilità che lo porterà presto ad allontanarsi dalla musica e a ritirarsi dalle scene. Il gruppo lo sostituisce con David Gilmour, che entra nei Pink Floyd e non li lascerà più. Tuttavia Barrett resta fondamentale anche in qui. E compare di persona,seppure in una sola occasione. Accade proprio quando il disco sta per chiudersi e il Nostro intona le sghembe e fragili linee melodiche di “Jugband Blues”, accompagnato solo da una chitarra acustica prima che giunga una banda nel finale. Un brano separato dagli altri, così disarmante rispetto alla solidità del disco, simile invece ai lavori solisti che usciranno di lì a poco, “The Madcap Laughs” e “Barrett”.
Prima di “Jugband Blues”, “A Saucerful Of Secrets” è in ogni caso un disco che conferma i Pink Floyd come uno dei gruppi fondamentali della psichedelia inglese, sorretto dal carisma di Waters e dal talento di Rick Wright. Lo è nei momenti più onirici, nei veri e propri viaggi nello spazio che sono “Set the Controls For the Heart of the Sun” e “Let There Be More Light”, oltreché nel lunghissimo brano che dà il titolo al disco, una serie di rumori dilatati che crescono sino a sfociare in un bellissimo crescendo di organo.
Ma è un lavoro notevole anche quando regala canzoni più classiche e strutturate. Si prendano l’incantevole nostalgia di “Remember a Day”, costruita per lo più al piano, o la liquida “See-Saw”, entrambe firmate da Wright. E’ per tutte queste ragioni che pur non possedendo il fascino e la sorpresa dell’esordio del gruppo, nè l’innocente follia dei lavori di Barrett, “A Saucerful of Secrets” resta tuttavia un disco fondamentale nella storia del gruppo inglese.