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Un disco che nasce dalla collaborazione transoceanica fra due chitarristi, il britannico David Cooper Orton e il texano James H. Sidlo, cultori dell’elettronica e dei samples. La tecnica del looping, che consiste nella continua riproposizione, con variazioni e vario intrecciarsi, di una identica unità musicale, sta alla base dell’operazione, concretatasi “per corrispondenza”, attraverso lo scambio postale di idee e musica.
Sidlo lo abbiamo già incontrato come membro di Honey Barbara e Dreamland, ai cui risultati aveva contribuito con le sue predilezioni: al pop psichedelico-elettronico dei primi, all’ambient dei secondi.
In effetti il risultato di Re:cooperation può essere considerato in duplice modo: sia come raccolta di appunti musicali, di idee ulteriormente sviluppabili in direzioni diverse (più di un passaggio di “Transcollaboration”, ad esempio “There And Back And There Again” e “East Of Ealing”, potrebbe comodamente costituire la base, il seme, per future canzoni di Honey Barbara); sia – evidentemente più in conformità con gli intenti degli autori – come prodotto finito di un genere musicale autonomo dotato di statuto. In qualunque modo la si voglia vedere la riuscita dell’operazione, a nostro avviso, sta tutta in questa nuova prospettiva bifocale, che apre su paesaggi aperti, più mossi e allettanti di quelli raffinati ma un po’ estenuanti di “Underwater”.
Nonostante i suoi sessanta minuti dunque – e le sue caratteristiche non proprio “popolari” – “Transcollaboration” trascorre via liscio e snello, grazie anche ad una struttura riuscita: si comincia dalle sonorità e dai ritmi posati e sognanti (i più atmosferici e liquidi del disco) di “Thing2”, “Thing3” e “Thing4”, per poi passare, attraverso le increspature inquiete di “And Then This”, a pezzi più costruiti, in cui fa via via capolino, a zaffate, il profumo del pop; come in un impercettibile crescendo che si realizza compiutamente in “There And Back…”, nucleo fisico e artistico: musica di riuscitissimo equilibrio, come sospesa su una corda sopra il vuoto: e la corda sono i campionamenti.
Di qui in poi il percorso è definitivamente rivelato, chiaramente tracciato; si corre in discesa. “East Of Ealing” e “Between Breaks”, bellissime, che portano il looping ad un notevole livello di raffinatezza ed efficacia; il dittico di “Re:Cooperation”, di sapore orientale; il breve intermezzo di “Texas Trees”; il secondo dittico di “Never Enough”, dal titolo che speriamo augurale, l’episodio conclusivo e, piuttosto naturalmente, più grandioso. Torna addirittura alla mente certa parte dell’ambientazione siderale di “Lunar Sea” dei Camel, alla fine di “Moonmadness”: e non è poi così strano come potrebbe sembrare, considerati gli atteggiamenti fusion della band inglese, sensibili specialmente in “Rain Dances” grazie anche alla collaborazione di Brian Eno.
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