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Il progetto-Romislokus viene alla luce a Mosca nel 1998, per mano di Yuri Smolnikov (chitarra e voce), musicista appassionato della scena prog rock degli anni ’70. Passione che questo EP mostra in maniera abbastanza palese, pur nascondendola spesso in una nuvola pop.
La band, oltre che da Smolnikov, è composta da Mikhail Voronov (chitarra), Mikhail Brovarnik (basso), Anna Goya (violino), Irina Yunakovskaya (violoncello), Evgeniy Gorelov (tastiere), Dmitriy Shelemetev (batteria) e Maksim Karavaev.
L’attacco di “Cool” mostra da subito ottime potenzialità, soprattutto nell’uso della voce, anche se più che davanti ad una band prog sembra di trovarsi davanti un perfetto gruppo pop, solo leggermente deviato dalla chitarra acida e dai campionamenti. “I’m Tired” presenta una ritmica più sincopata, con pause, accelerazioni, una chitarrina funky che si mischia ad un basso dark e a delle tastiere prog, prima dell’intervento della slide guitar: spiazzante.
L’attacco di “If” è dato dalle tastiere, che creano un’atmosfera ambient, con un tappeto sonoro che sovrasta l’intero brano, adagiato sul pianoforte e sulle tastiere. Di maniera, ma molto bello, l’intermezzo strumentale, con le chitarre e il basso impegnati in un divertente gioco ad inseguimento. Ballata alla vecchia maniera, insomma, che mostra nuovamente il volto pop celato dietro la maschera prog, e nel finale mostra addirittura tendenze da nuova elettronica.
“Freedom” è il brano più serrato, con una strofa incentrata su chitarre distorte e basso e un ritornello pacificante ed etereo. Il crescendo di tastiere, pur nella sua riuscita emozionalità, ricorda da vicino il technopop anni ’80 (gli Europe in particolare). Gli intermezzi con reminiscenze anni ’70, arpeggi acustici, pause, riprese sincopate, chitarre distorte e tappeti sonori orchestrali fanno di “Freedom” il gioiello dell’album.
Album che si chiude con un brano, “Persici”, cantato in italiano (!!!!). Ebbene si, una band prog/pop russa che canta e si diletta in italiano, con risultati di gran lunga superiori rispetto ad alcuni nostri presunti cantanti italiani (non faccio nomi per non rovinare la lettura). Il brano, che si apre con una bellissima ouverture per archi e tastiere, è una canzone pop, stavolta neanche mascherata con intenti prog, in cui convivono le dolcezze di violino e violoncello, per la prima volta protagonisti della scena. Il testo, traslato da Alberto Nucci, è sostanzialmente la metafora dell’esistenza umana.
Un lavoro interessante, questo dei Romislokus, che devono ancora centrare perfettamente l’obiettivo della loro musica ma che non annoiano mai. E questo non è certamente poco.