Share This Article
Si parla di “suggestione” nelle interviste che seguono “L’Eclissi”. Ed è vero: è la suggestione di ritrovare i Subsonica che fanno un passo indietro, che trovano una compattezza (sonora) inaspettata, una freschezza invidiabile per tutti quelli che non fanno musica da ieri.
I pezzi portano l’ascolto in una dimensione onirica ma allo stesso concreta, i suoni si inscuriscono (non a caso nei testi parole ricorrenti sono “nero”, “scuro”, “buio”), l’elettronica torna a farla da indiscussa padrona con una lucidità straniante, fulgida e brillante.
Colpisce il senso di spazialità che trasmettono brani come “Il Centro Della Fiamma” (su territori confinanti con gli ultimi LCD Soundystem), la confidenza dei minimalismi ne “Ali Scure” e “Alibi” (splendida l’ambientazione sonora dell’inizio di “Ali Scure” dove, per ricreare l’atmosfera che precede un bombardamento, i Subsonici usano ticchettii e fruscii tanto casalinghi quanto guardinghi), la reprise dei ritmi Anni Novanta del primo album in “Piombo” (testo ispirato dal libro “Gomorra” di Roberto Saviano).
I Subsonica sono autenticamente contemporanei, rappresentano davvero lo spaesamento dei nostri tempi, dei nostri luoghi: di oggi, di adesso. Il loro approccio potrà sembrare a qualcuno “un po’ da MTV” ma è invece basato su un’onestà indiscutibile, un rapporto aperto con il loro pubblico (attraverso la comunità di subsonica.it, un mondo virtuale particolarmente vivace) e la consapevolezza data dalla ormai raggiunta maturità. Una maturità però attiva e curiosa, attenta ai segni disseminati nell’etere e nei giornali e pronta a riportare la nostra attenzione sulla necessità di stare in guardia (“La Glaciazione”), di preservare la nostra identità (“Canenero”), ricordandosi dell’esigenza dei cambiamenti (“L’Ultima Risposta”) con la prospettiva di (ri)trovare un porto sicuro (la ghost track “Corpo Celeste”). Al di là dei temi che un po’ banalmente potrebbero essere riportati solo alla pedofilia (“Canenero”) o alla camorra (“Piombo”), è invece chiara la capacità di “L’Eclissi” di parlare per linguaggi universali, di veicolare la sensibilità di tanti e tanti giovani. Con una franchezza da far spavento: dato che quando si parla di emozioni si discorre in fondo di sentimenti, attenzione a qualche trappola disseminata qua e là in “L’Eclissi”. Un tremito potrebbe ad esempio sorprendervi in “Nei Nostri Luoghi”, e forse non solo se in passato un vostro amore è stato solcato dalla colonna sonora dei Subsonica.
Nessun abbandono definitivo alla disillusione però, perché questo che può forse essere considerato il miglior album dei Subsonica ci parla di buio ma anche di luce, di eclissi ma anche di sole.
“Quando tornò a guardare nella scatola riflettente, vide che il cielo scintillante non era più un cerchio perfetto; ora sul lato destro c’era un’intaccatura di oscurità. […] I minuti trascorrevano lentamente. [..] il fiato di venticello che accarezzò la terrazza e la risvegliò era inaspettatamente freddo [..] Lo spicchio scuro sulla destra, che aveva segnato l’inizio dell’eclisse, era ora diventato uno spicchio abbacinante di luce solare sulla sinistra. Era così fulgente che sembrava quasi librarsi al di sopra della superficie della scatola riflettente”. (Stephen King, “Il Gioco di Gerald”).
Perché ogni eclisse passa e va, come una nuvola. Dopo torna sempre il sereno.