Share This Article
“Lu fuecu de lu Salentu” brucia ancora. I veterani della dance hall italiana ricompaiono negli scaffali dei music store. Si materializzano dentro a un cd, in una forma minore della loro arte. Il Sud Sound System autentico invece lo troverete in giro per l’Italia. Il concerto, la festa, la prestazione fisica, e il pubblico con loro: questa la vera faccia delle tre S. Ma qui si parlava di un cd, no? E’ che i primi lavori di Don Rico, Terron Fabio, Treble e compagnia sembravano nati nei live. Solo dopo venivano fissati nel supporto magnetico. Da qualche tempo a questa parte invece… Dico subito, dal confronto con “Tradizione” e “Comu Na Petra”, anno di grazia 1996, se ne esce male. “Musica musica” è il paperback, la versione povera di quei monumenti del ragamuffin italiano. Tuttavia è un buon album. Persino un ritorno, paragonato al “Reggae party” di due anni fa. Sempre paragoni, ma non si scappa. La storia, sui grandi, pesa. E talvolta schiaccia…
“Musica musica” è nato in studio, dunque. Possiede le tre direttive del credo reggae salentino: musica, amore e radicazione. Sulla radicazione non c’è dubbio. I testi sono in dialetto stretto, qua e là misto all’italiano. Poi l’allegria, e il sentimento quando serve. Ragamuffin da party, solido, bello sostenuto. Il marchio si riconosce, finalmente. Anche se… Allora, la produzione è all’altezza, non è là il problema. Il gruppo è affiatato, i singoli se la cavano bene. Di solito basterebbe questo, a fare un buon disco. Nel caso dei Sud invece serve altro. La potenza ormonale del live fa perdonare una certa piattezza. Sin dal principio i Sud facevano girare sempre gli stessi suoni, ma non ce n’era mai abbastanza. Il concerto era una continua rinascita. Oggi è diverso. “Musica musica” manca di carica. I difetti stanno nell’interpretazione, più che nella scrittura. L’album poteva essere molto buono, invece si contenta di galleggiare nella sufficienza. Nell’attesa che il palco gli inietti il colore che dal cd non riesce a venir fuori.
Quali tracce segnalare? “Dumame tuttu”, “Mena moi (patre doi)”, “Muti de iddhri”. Ma altre ancora meriterebbero. Non c’è gran differenza di caratura fra i pezzi. Appunto questo lascia interdetti. Una serie di canzoni livellate sulla soglia di sopravvivenza. Che potrebbero di più, e che invece si posano pigre una sull’altra. Un’anima in realtà ce l’hanno, ma “Musica musica” non ce la vuole mostrare. La parola allora passi al palco.