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Da Mairie de Lilas a Rambuteau, il viaggio lungo la linea 11 della sconfinata metropolitana parigina regala alcuni spunti di riflessione. Una signora, mezz’età, capelli biondo scintillante si siede affianco ad Emmanuel: «C’è puzza di profumo qui», il suo commento. «Vi é andata male, capisco l’italiano», replica stizzita la signora, che sembra non sapere di cosa farsene delle nostre successive timide giustificazioni.
«Cosa pensa chi sta andando a vedere un concerto dei Low, Emmanuel?»
«Non si può pensare a niente prima di un concerto dei Low», commenta laconico. Siamo entrambi consapevoli di stare per affrontare un grande viaggio mistico.
Scendiamo a Rambuteau e chiediamo indicazioni per La Gaîté Lyrique, accorgendoci che sempre meno parigini conoscono i nomi delle strade da loro abitualmente frequentate. Eppure il vecchio Théâtre de la Gaîté, rinnovato nel 2010 e diventato un finissimo centro di musica e arti moderne, spicca per la sua maestosità e chiccheria. La sala del concerto è posta al secondo piano dell’immenso edificio, le cui pareti testimoniano i fasti dell’antico teatro. Sono le 20.45, decidiamo di piazzarci sotto il palco, in corrispondenza dell’amplificatore di Alan Sparhawk. Si spengono le luci, il pubblico parigino richiede silenzio, che verrà osservato religiosamente per tutte le diciassette volte in cui si ode uno strumento aprirsi spazio tra gli applausi riservati al pezzo precedente.
Il concerto inizia nel modo in cui avrebbe potuto benissimo finire: “Nothing but heart” apre una lunga sequenza di canzoni tratte dall’ultimo lavoro “C’mon”, ipnotizzando letteralmente il pubblico, che sembra riacquistare vitalità solo nel momento degli applausi, doverosi, alla fine di ogni pezzo.
Pubblico entusiasta quando Steve Garrington fa partire il giro di basso di “Monkey”, ed emozionato quando Alan Sparhawk annuncia che avrebbero suonato “Amazing Grace”, richiesto da molti il giorno precedente sulla loro pagina facebook ufficiale.
I Low sembrano non avere scaletta e sembrano decidere con brevi consultazioni tra marito e moglie (la sempre splendida voce di Mimi Parker) di volta in volta i brani da eseguire. Accontentano il pubblico suonando In the drugs, dicendo ironicamente di essere pronti a soddisfare tutte le richieste («May we solve your life problems?», scherza Sparhawk).
La verità é che i Low sono una realtà consolidata nel panorama musicale internazionale, la cui grandezza é direttamente proporzionale alla semplicità, alla classe, alla solidità e all’intesa che i tre storici componenti del gruppo dimostrano sul palco, regalando attimi di intensità assoluta a un pubblico francese correttissimo.
L’attesissimo encore regala nel finale una perla aspettata tacitamente da tutti: l’infinita litania immortale dell’arpeggio di “Lullaby” chiude un concerto che ci lascia senza parole.
Camminando lungo rue Lescot, in cerca di una pinta di birra, chiedo: «Emmanuel, cosa pensa chi ha appena visto un concerto dei Low?»
«Che la vita è una sottrazione». Grazie Low.
(Carmine Conelli)
Setlist:
Nothing But Heart
Nightingale
Try to Sleep
You See Everything
Witches
Monkey
Shame
Especially Me
(That’s how you sing )Amazing Grace
Dinosaur Act
California
Majesty/Magic
In the Drugs
Murderer
Encore:
Last Snowstorm of the Year
Violent Past
Lullaby
foto di Carmine Conelli
3 dicembre 2011