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Gli School of Seven Bells al quinto anno di attività sfornano il loro terzo album: un disco ambizioso, ma sostanzialmente riuscito. Claudia Dejeza ha lasciato il gruppo alla fine del 2010, di conseguenza viene a mancare quel distintivo intreccio di voci delle due gemelle che aveva fatto la fortuna dei newyorkesi.
“Ghostory” racconta nella forma del concept-album l’esistenza di Lafaye, tormentata dai fantasmi; in particolare i testi scritti da Benjamin Curtis e Alejandra Dejeza riflettono le paure della ragazza ed un senso di fragilità che può essere vinto grazie alla ricerca dell’amore.
La colonna sonora di questo viaggio è un ibrido di dream-pop, elettronica, shoegaze con alcuni pezzi a presa rapida sulla scia di “Windstorm” dall’ acclamato “Disconnect From Desire”. Così il primo singolo “Lafaye” unisce un groove techno ad un ritornello di rara efficacia, “The Night” apre le danze a suon di chitarre new-wave condotte dalla superba vocalità della Dejeza e “Scavenger” con quel solo di chitarra in stile Editors può diventare un punto di forza dal vivo. Nel resto di “Ghostory” si alternano brani sognanti con echi di Slowdive (“Reappear”) ad episodi decadenti ed alternative che rimandano agli anni 80 di Depeche Mode e New Order (“White Wind”). Cenno a parte merita la nervosa cavalcata di “Low Times”, con un pregevole inserto di synth che irrobustisce il caotico finale di voci, rumori, melodie che tempestano la mente di Lafaye.
“Love Play” è l’altra perla dell’ album, un perfetto mix tra soluzioni vocali alla Cocteau Twins, sintetizzatori che suonano vicini ai lavori ambientali di Brian Eno ed una venatura noir tipica dei Portishead. “When You Sing” chiude l’ album con una jam ben assortita, a dire il vero molto simile a “Soon” dei My Bloody Valentine.
Abilissimi nell’unire tanti punti di riferimento, gli School of Seven Bells esorcizzano a modo loro il fantasma di Claudia, confermandosi un punto fermo dell’attuale scena newyorkese.
74/100
(Matteo Maioli)
11 marzo 2012