Share This Article
“The Wildlife Variations” è l’ultimo ep dei Julie’s Haircut. Ed è anche la prima pubblicazione della band emiliana per la Trovarobato, che precede l’uscita del prossimo disco del gruppo. Anche se si tratta di soli quattro brani, questo nuovo ep potrebbe rappresentare quasi un giro di boa nella carriera del quartetto, dopo cinque album usciti per Gammapop e Homesleep. É lo stesso gruppo, per voce di Luca Giovanardi, che racconta com’è nata questa nuova produzione.
“L’ep è il frutto di un lungo periodo di sperimentazioni in studio di registrazione, iniziate addirittura nel 2009, appena uscito l’album precedente. Il fatto è che diversi mesi fa abbiamo perso la nostra storica sala prove, per cui da allora siamo rimbalzati da un luogo all’altro senza riuscire ad avere una continuità nel provare nuovo materiale. Nel frattempo abbiamo continuato a fare concerti dal vivo per promuovere ‘Our Secret Ceremony’. Paradossalmente, in assenza di una sala prove, avevamo spesso a disposizione il Bunker, lo studio di registrazione del nostro tastierista Andrea Rovacchi. Per cui ogni volta che lo studio era libero andavamo a registrare qualcosa, giochi di loop, tracce elettroniche, qualche improvvisazione. Ci siamo ritrovati con tonnellate di materiale non finito, finché non abbiamo deciso che sarebbe stato bene selezionare le canzoni che reputavamo davvero buone e chiuderle definitivamente, applicando un criterio di autocensura molto stretto. Ne sono venute fuori le quattro tracce che compongono “The Wildlife Variations”. E’ stato anche un modo di ‘liberarci’ di tutto quel materiale e riprendere i lavori con mente sgombra su quello che eventualmente sarà il prossimo album. Non volevamo trascinare queste canzoni per anni, non sarebbero più state altrettanto significative per noi”.
Come procede la lavorazione del prossimo album? Potete dare qualche anticipazione?
Abbiamo appena iniziato i lavori, ci piacerebbe riuscire a mettere a fuoco le nuove canzoni in maniera meno “clinica”, più organica e naturale, rispetto al percorso che ha portato all’ep.
Quali sono secondo voi le differenze tra l’ep e il disco in uscita e le vostre precedenti produzioni?
Sul prossimo disco (che non credo uscirà così presto, realisticamente) non possiamo dire nulla, visto che è davvero ancora un embrione. Rispetto al passato direi che le quattro tracce dell’ep sono state realizzate come ti dicevo prima con un lavoro prettamente “di studio”, tant’è che quando è stato il momento di iniziare a portare queste canzoni in tour abbiamo dovuto imparare a suonarle da zero, perché non le avevamo mai suonate tutti insieme, ma costruite in laboratorio. Non è la prima volta che lavoriamo in questo modo, ad esempio “Sleepwalker” dall’album precedente è nata esattamente così.
Ormai vantate una carriera di lungo corso. Come vedete cambiata la scena italiana rispetto a quando avete esordito?
Ho come l’impressione che la scena musicale da noi (ma forse non solo da noi) proceda per cicli e ricicli. A differenza degli altri Paesi, in Italia è molto accentuata, agli occhi degli addetti ai lavori e del pubblico, la differenza tra la produzione in lingua italiana e quella in inglese. L’Italia fa davvero fatica ad accettare i propri artisti che si esprimono in altre lingue e che hanno una propensione all’internazionalità, eppure non ha problemi quando arrivano band belghe, tedesche, svedesi che cantano in inglese. É uno dei motivi per cui, a differenza di altri Paesi europei, è faticosissimo riuscire ad uscire dai nostri confini, perché mancano proprio le strutture e la mentalità per questo tipo di approccio. Fatto sta che mi pare si proceda per “trend” che durano sempre meno, poi si torna ai trend precedenti e così via. Ma per la verità mi pare che tutta la storia della cultura popolare si muova più o meno così da sempre.
(Francesco Melis)
6 agosto 2012