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I Japandroids riescono a colpire ogni volta che li si vede dal vivo. E’ incredibile l’energia che il duo canadese è riuscita a sprigionare anche al Lanificio159 di Roma in una delle tre date italiane del loro tour europeo. Anzi è stato un concerto insolitamente lungo per i canoni della band (più o meno un’ora e venti) senza quasi un attimo di pausa.
Ma andando con ordine non si può tralasciare l’esibizione in apertura degli italiani Be Forest, band scelta dagli stessi Japandroids appositamente per tutto il tour nel vecchio continente. Anzi il trio più volte citato dai musicisti canadesi durante il loro set dimostra di essere riuscito a fare breccia nella scena musicale non solo italiana ma soprattutto europea. E le ragioni si intuiscono a sentire la loro esibizione romana: i pezzi del disco d’esordio “Cold” trascinano il pubblico in una dimensione ricca di atmosfere new wave e voci femminili dal piglio shoegaze di grande presa, in cui spiccano brani come “Wild brain” e “Florence”.
I Japandroids suonano ormai con il piglio dei veterani e, come sempre, riescono a creare in due il rumore che farebbe normalmente una band di quattro o cinque elementi. La chitarra e la batteria riportano il rock alla sua natura selvaggia, una sensazione che si ha da subito con l’inizio fulminante affidato all’ormai classico “Boys are leaving town”. La scaletta è un giusto miscuglio dei due dischi del gruppo “Post-nothing” e il nuovo “Celebration rock”, con un paio di sortite nei primissimi ep (quelli riproposti in “No singles”). Impressiona l’empatia e il feeling che la band riesce a creare con il pubblico sin dai primi minuti. Vengono accolte con delle ovazioni “Young hearts sping fire” e “Wet hair”, ma anche brani più recenti come “Fire’s highway” e il singolo “The nights of wine and roses” ottengono risposte calorose.
(Francesco Melis)
7 novembre 2012
foto di Giulia Balducci
(dalla gallery del concerto a Glasgow del 24 maggio 2012)