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“Gli anni ’80 non muoiono mai”. Un SMS ricevuto dal capo Paolo Bardelli mi ha fatto ragionare. Perché “Long Slow Dance” continua a girare sul piatto? Nel pieno degli ’80 ero un moccioso (dieci anni più o meno) che cercava identità attraverso specchi deformati dalla realtà. Magari mi fossero capitati gli Smiths. Avrei portato rose alle donne invece che tampinarle convinto che il rumore fosse il sostituto delle carezze. Magari avessi capito che i Cure non erano solo il mascherone che il gotico usava per nascondere timidezza e romanticismo. Oggi questi preconcetti li ho ampiamente superati, nonostante i miei vicini siano sempre più convinti che dalle finestre del mio appartamento escano rumori più simili ad un (atroce) frastuono che ad un modo naturale di ascoltare musica.
Oggi The Fresh & Onlys hanno abbandonato le peculiarità garage degli esordi e hanno pure cancellato la sensualità dei primi Doors presente nel precedente e acclamato “Play it Stange”. Però non si sono dimenticati di scrivere ottime canzoni.
Con il cuore in questi fatidici ’80, le melodie ancorate nei sixties e le sonorità a metà strada tra psichedelia e armonia, Tim Cohen &a Co. hanno centrato il disco della vita? Forse. Perché chi genera solo rumore sveglia i vicini e continuerà a farlo. Chi gli gira intorno carezzandolo con melodie zuccherine ha capito cosa vogliamo dalla musica.
Vivere il presente respirando il passato che non abbiamo mai potuto avere.
85/100
(Nicola Guerra)
6 novembre 2012