Share This Article
Sono un po’ disorientato. Ad un disco pieno di spunti interessanti e cose da ricordare come “Suck It and See” non era facile dare un seguito dello stesso calibro, per i quattro di Sheffield. Eppure sorpassata la doppietta iniziale da KO – “Do I Wanna Know?” ti si piazza in testa senza più uscirne come i loro primi classici, ma “R U Mine” è in giro da più di un anno – ci sono alcuni punti di domanda. A partire dal titolo dell’album: iniziali del nome del gruppo, fascia oraria antimeridiana e soprattutto del post mezzanotte, oppure modulazione d’ampiezza nelle trasmissioni radio… Quello che non manca è l’apporto della band a questo lavoro, sempre più sicura della direzione da intraprendere e dei propri mezzi (e Turner della sua voce e delle doti di “crooner” per nuove generazioni).
Partiamo dalle note liete che sono quelle magnifiche di “No. 1 Party Anthem”, premessa del titolo rispettata in pieno per una ballad da cheek to cheek che sarebbe meraviglioso sentire al proprio matrimonio. Più realisticamente ci starebbe bene in un juke-box anni cinquanta nonchè in un disco degli Oasis versione 2.0. “Why’d You Only Call Me When You’re High” è a mio dire l’altro pezzo veramente forte di “AM”, come immaginarsi Frank Ocean cantare qualcosa di Mike Skinner, e musicalmente è trascinante; insomma un perfetto compendio USA-UK anni duemila in un riuscito flirt con l’hip-hop. “Snap Out Of It” propone un bel pub rock mid-tempo dal chorus contagioso; una perla anche la chiusura con “I Wanna Be Yours”, quasi un recital corale, essendone il testo opera del poeta punk John Cooper Clarke.
Nel resto dell’album trovo purtroppo cose derivative e qualche riempitivo: “Mad Sounds” è arrangiata a metà via tra un pezzo dei Dire Straits ed uno di Springsteen; “I Want It All” si aggiudica la palma di uno dei loro pezzi più brutti, alla stregua degli ultimi Muse. Infine “Arabella” ha l’inconfondibile stop and go di “War Pigs” dei Sabbath, citata anche nei concerti del tour in una sorta di medley.
Per quanto riguarda brani più temerari come “Knee Socks”, con il cameo di Josh Homme ed un vero inserto hip-hop, solo il tempo saprà dar ragione ai ragazzi. Che intanto si tengono critica (anche americana) dalla loro parte e pubblico venerante al seguito.
Is it enough or WE WANT MORE?
67/100
(Matteo Maioli)
30 ottobre 2013