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Due sorelle, un abbraccio che sa di conforto, uno sguardo distaccato in attesa di tempi migliori. Il quadro di Ryan Mendoza scelto per la copertina fa da splendida cornice al sesto lavoro in studio dei Massimo Volume, “Aspettando i barbari”, uscito per La Tempesta Dischi il 1 ottobre 2013.
A tre anni dal ritorno in grande stile di “Cattive abitudini”, la band bolognese svolta totalmente rispetto al passato e testimonia con questo disco l’urgenza di avere ancora qualcosa da dire, nonostante i vent’anni e passa (seppur frastagliati) di carriera. Lontano dal suono caldo e dal ritmo “compassato” del precedessore, registrato totalmente in analogico, in questo nuovo lavoro Clementi, Burattini, Sommacal e Pilia sperimentano sintetizzatori e samplers, offrendo un suono decisamente più cupo ed affilato rispetto al passato. Il risultato è un disco inquieto, l’ideale tessuto sonoro per le parole di un ispirato Emidio Clementi che, attingendo per la prima volta il titolo del disco da un’opera letteraria (l’omonimo romanzo del premio nobel J.M. Coetzee), arricchisce i propri testi di citazioni di Danilo Dolci, John Cage e Mao Tze Tung.
Seppur i testi sembrino sospesi tra miserie private e un più generale fallimento umano, ciò che si evince non è un pessimismo inesorabile. Se il ritratto materno de “La cena“, la triste solitudine di “Silvia Camagni”, le “cattive abitudini” di Vic Chesnutt offrono un quadro ineluttabile della vita, uno spiraglio si apre con l’omaggio che Clementi tributa al genio di Richard Buckminster Fuller in “Dymaxion Song”. Una menzione a parte merita invece “La notte”: l’oscurità della notte funge da riparo e regala una speranza al resoconto impietoso delle vite dei personaggi che affollano il brano, riscattandone la desolazione.
“Aspettando i barbari” è un disco pervaso anche da una sensazione di fallimento che si può attribuire all’uomo così come concepito dalla cultura occidentale. La nenia irrequieta e ossessiva de “Il nemico avanza” sembra scandire il passo delle lotte anticoloniali elencate minuziosamente nel testo, che vendicano un’umanità devastata dal gusto del distruggere l’altro, i barbari. L’abitudine alla morte, all’orrore delle “rovine del nostro mondo perfetto” è il tema principale di “Compound”, reso alla perfezione dal feedback che apre e squarcia in due la canzone. Nella concitata parte centrale della title-track, infine, l’atmosfera apocalittica creata delle chitarre e dall’incedere della voce sembra diradarsi appositamente, in attesa della redenzione promessa dall’arrivo dei barbari.
83/100
(Carmine Conelli)
29 ottobre 2013