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Noi telefoniamo dall’Italia, lei è di Los Angeles, ma vive a New York, e al cellulare ci risponde da Londra. Dee Dee Penny è in giro con le altre Dum Dum Girls per la City, dove la band presenta in anteprima al pubblico inglese il nuovo album “Too True”, in uscita per Sub Pop il 27 gennaio. Terzo LP della carriera, è stato anticipato dalla patinata “Lost Boys And Girls Club” e da “Rimbaud Eyes”, più nello stile dell’indie-pop abrasivo e orecchiabile che le ha fatte esplodere ormai tre anni fa con “I Will Be”.
Ciao, come va? Spiace un po’ interrompere questo pre-serata di venerdì a Londra. Avrete sicuramente di meglio da fare, ma questi erano gli accordi.
Tutto bene, tranquillo, non preoccuparti. (risate)
A fine gennaio esce il vostro terzo album “Too True”, il primo brano estratto sembra suonare diverso, più pulito rispetto ai vostri precedenti lavori. Solo una mia impressione? Ci vuoi dare qualche anticipazione?
Si intitola “Too True”, l’ho scritto quasi interamente nel mio appartamento di New York e nonostante ci abbia messo relativamente poco a scriverlo, è stato veramente un “labour of love” (nb espressione usata per definire qualcosa fatto per il piacere e l’amore di farlo). Devo dire che è il lavoro più complesso che abbiamo mai fatto. La velocità del processo creativo, mi ha permesso di avere tempo extra per il mixaggio, per la cura dei testi e per la costruzione della sua immagine, della sua estetica che penso siano molto rilevanti in questo nuovo disco.
Alla produzione vi siete affidati alle solite mani?
Sì, è stato prodotto da Sune Rose Wagner dei Raveonettes e da Richard Gotterher. E uscirà sempre per Sub Pop (storico produttore newyorchese, già al fianco di Blondie, The Go Go’s, The Fleshtones)
Leggevo in un comunicato che tra le tue ispirazioni artistiche c’è Nick Cave e la lettera che nel 1996 inviò a Mtv per spiegare le ragioni del suo rifiuto della nomination agli Mtv Music Awards. Non ho capito bene in che senso. Puoi dirci qualcosa di più?
Nulla di preconcettualmente contrario rispetto alla cerimonia o al premio che avrebbe dovuto ritirare. Penso che un gesto del genere da parte di un grande artista come Nick Cave sia stata una lezione per tutti. Non per il rifiuto di un riconoscimento da un simbolo del mainstream come Mtv. Ma per ricerca autentica di una sorta di protezione per il proprio prodotto artistico. È una questione di rispetto della natura intima e personale di ciò che si realizza, del proprio processo creativo quando si scrivono delle canzoni e degli album. È molto raro oggi pensare alla musica come arte e non come oggetto da vendere.
Mi sembra di capire che ti piace Nick Cave.
Si, è incredibile. Veramente incredibile.
Hai detto che hai registrato il disco a New York. Vivi ancora lì? Ti piace stare lì, nella “scena”?
Mi ci sono trasferita ormai da un po’ di anni. E non rimpiango la scelta. Sarà pure una città molto contraddittoria e tutt’altro che economica, ma amo vivere lì. Nell’ambiente musicale, sì, la scena, è pieno di stronzi, certo, ma si sta bene. C’è un’energia che non so spiegarti, che solo New York riesce a darmi. Credo che le sensazioni che mi ha dato New York negli ultimi mesi, abbiano assolutamente permeato questo nuovo album delle Dum Dum Girls. Come mai in passato.
E’ impossibile non parlare di Lou Reed in questi mesi quando si parla di New York. Hai qualche ricordo speciale legato a lui che è stato uno dei punti di riferimento per voi come per la maggior parte delle band della tua generazione?
Personalmente sono una fan dei Velvet Underground praticamente da sempre. Non scherzo, ma credo di esserlo da quando avevo, credo, dodici-tredici anni. A prescindere dal valore di quello che hanno espresso insieme alla scena che ruotava attorno alla figura di Warhol, dal punto di vista della sperimentazione e della rottura di certi schemi, credo, che la semplicità dei brani scritti da Lou Reed sia stata per me una lezione fondamentale. Un’ispirazione assoluta. E poi, a livello personale, la potenza del contesto delle storie narrate da Lou Reed credo sia inarrivabile. C’è un sacco di musica di quell’epoca che mi piace, che ascoltato per anni e anni, cantato e usato come fonte di ispirazione. Ma la potenza dei testi e degli arrangiamenti di Lou Reed e dei Velvet Underground, è insuperabile. E’ qualcosa che vorrei raggiungere nelle mie canzoni, ma non è facile.
Tornerete in Italia? Qual è il ricordo migliore che conservate delle vostre ultime apparizioni dalle nostre parti?
Ah, spero che riusciremo a tornare entro l’estate prossima. Amo l’Italia e sempre uno dei posti migliori dove passare dei giorni in tour quando suoniamo in Europa. Ci sento particolarmente per l’Italia, come cultura, paesaggi, architettura, ovviamente il cibo. Come ricordo migliore, direi che il nostro ultimo concerto in spiaggia all’Hana-Bi di Marina di Ravenna sia stato davvero super (video). Un posto magico. Davvero incredibile, poi mio marito (Brandon Welchez dei Crocodiles) ha molti amici là intorno. Ci è stato di recente, a settembre, con la sua band, l’ho invidiato molto. Spero di tornarci al prossimo giro.
A proposito di nuove uscite, c’è qualcosa che ti è piaciuto particolarmente nel 2013? Vietato dire CROCODILES.
Ok, ok, niente Crocodiles… (risate) Sono un po’ lenta a metabolizzare i dischi. Mi è piaciuto molto negli ultimi il disco di Jessica Pratt, cantautrice di San Francisco, ma credo sia uscito nel 2012, infatti. Lei è del giro dei White Fence, fa questo folk molto intenso, davvero forte. Come roba del 2013, in assoluto, credo il nuovo album di Dirty Beaches.