Share This Article
Marissa Nadler in Italia occuperebbe lo stesso spazio musicale coperto qualche tempo fa dalle cheneso Yavanna. Se non sapete chi sono le Yavanna meglio per voi, avete la stima che non ho per me stesso ma in ogni caso sì, i prodotti sarebbero perfettamente equiparabili. Per sua fortuna però Marissa Nadler abita in America e quindi cambia tutto.
L’America, questo posto enorme dove tutto riesce migliore e più bello e i sogni si realizzano. Anche quello di questa ragazza di Washington che voleva fare la cantante, cantautrice addirittura! Probabilmente cresciuta ascoltando folk americano dalla mattina alla sera, è proprio il folk che suona nei suoi dischi, finora arrivati al numero sette.
Questo “July” è l’ultima tappa di un saliscendi discreto tra sperimentazioni spintesi un po’ troppo oltre il recinto e episodi discografici più riusciti, nei quali Marissa Nadler ha cercato di suonare quello che le riesce meglio: le ballate acustiche, suonate piano, con la punta delle dita.
“July” arriva ora a dare due conferme: la prima è che gli errori di slancio col dream pop di “Little Hells”, suo album del 2009, non si ripeteranno più; la seconda è dopo “The Sister” (2012), l’album che segna il suo ritorno genuino al folk, è chiaro come il sole che cosa le viene meglio. Per questi due motivi “July” è un disco che continua la manovra di allontanamento dalle sperimentazioni fallite in passato, e restituisce alla cantautrice una discreta rispettabilità artistica. Le undici canzoni del disco, che possono anche sembrare tutte uguali, testimoniano uno stato di ritrovata ispirazione: le ballate oscure, i suoni dolci o drammatici o dolci e drammatici, gli archi che irrobustiscono e arrotondano la voce, già di per sè delicatissima. Da “Drive”, la prima traccia, a “Nothing In My Heart”, l’ultima, “July” è un disco che è quasi un incanto, reso tale dalle melodie fluide e circolari che la cantautrice torna a tessere attorno ai suoi piccoli poemi di amore e malinconie.
Un incantesimo quello di Marissa Nadler che può anche funzionare, ma non per molto. “July” è un disco ben suonato e ben cantato, ma finisce per appiattirsi già ai primi ascolti. Non cresce.
62/100
(Enrico Stradi)
26 gennaio 2014