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Poteva essere dato per disperso, Joel Thibodeau. Sei anni non sono pochi – era il 2008 quando Death Vessel faceva uscire il suo secondo “Nothing Is Precious Enough For Us” – ed è un tempo sufficiente per aspettarsi una completa scomparsa oppure l’arrivo di un capolavoro. In questo tempo Thibodeau ha capitalizzato quello che evidentemente di migliore gli era capitato, ovvero andare in tour con Jónsi nel 2010, cementando questa amicizia e registrando il suo terzo album proprio là, nella terra dei Sigur Ròs.
E l’incisione islandese ha portato linfa vitale a questo “Island Intervals”, che richiama anche nel titolo l’essenza di un album nato e cresciuto su un’isola quasi a voler marcare la sua distanza da affanni continentali. La solitudine islandese porta in dote un sound salvifico, fiabesco e rupestre senza l’operosità dell’alt-folk americano. Come a dire che se negli States il folk è sì una musica che porta in sé la forza della tradizione, ma pur sempre attiva e “lavorativa”, lo stesso suono – abbeveratosi alla fonte europea e, più precisamente, nordica – si monda diventando puramente estetico.
La voce di Joel Thibodeau continua ad affascinare nel suo essere muliebre, e raggiunge l’apice nella fusione con il featuring dello stesso Jónsi in “Ilsa Drown”, mentre il resto delle songs alternano soavità (“Triangulated Heart” ma soprattutto la bellissima e conclusiva “Loom”) a movimenti lievi e sorridenti (“Mercury Dime” e “Velvet Antlers”), cedendo a qualche atmosfera più scura – che comunque ci sta, visto che stiamo parlando di un mondo fatato – solo in un paio di episodi, e più precisamente nell’iniziale “Ejecta” e “Island Vapors” ove sembrano fare capolino le ballate gotiche dei migliori Smashing Pumpkins.
Un disco che trasmette la beatitudine del perdersi, dell’abbandonarsi a paesaggi incontaminati ancora sconosciuti. Praticamente, un lusso.
78/100
(Paolo Bardelli)
17 marzo 2014