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Fino a poco tempo fa i Future Islands erano conosciuti il giusto, ma abbastanza indifferenti ai molti: un suono sparso tra la new-wave, il pop e i synth che poteva piacere ma non certamente ottenere applausi diffusi, immerso nel mare magnum delle reprise nostalgiche degli anni ’80. A destare certamente attenzione era la vociona del cantante Samuel T. Herring – una di quelle che difficilmente dimentichi – ma a parte questo l’entusiasmo era vivo solo tra gli affezionati.
Per fortuna però il mondo può dirsi mediamente giusto, e anche per i Future Islands, che dopo i dischi della gavetta firmano per la 4AD, il cui vivo luccichìo comincia finalmente ad illuminarli a dovere – se lo meritano. Per presentare il nuovo disco “Singles” sono finiti ospiti pure da Letterman, con un’esibizione che il buon David non dimenticherà, almeno per la spettinata alle sopracciglia per merito di quell’orso demodé di Herring: il singolo “Seasons (Waiting For You)” cantato a metà tra il sentimentalismo pop e il growl metal – è tutto meravigliosamente verissimo!
Dentro a quel live dal quel palco prestigioso ci sono dentro tutte le cose che si possono scrivere a proposito di “Singles”: un album che per la band di Baltimora è davvero decisivo, e quindi suonato con molta molta più convinzione e determinazione rispetto ai precedenti. Le diverse attitudini musicali che fino ad ora erano rimaste pressoché latenti, ora vengono amplificate e perfezionate: il pop è più pop (“A Dream Of You And Me”), la new-wave è più new-wave (“Spirit”), la roba anniottanta è più anniottanta (“Like The Moon” e “Sun In The Morning”).
Il meticoloso lavoro di perfezionamento del campionario dei Future Islands però non è la sola novità del disco: a destare ancora più attenzione è la definitiva esplosione della voce di Samuel T Herring, che in alcuni momenti del disco lascia di stucco: ai momenti pop e gentili o finemente raffinati dalle composizioni elettroniche, si affianca all’improvviso “Fall From Grace”, il pezzo decisivo di “Singles”, in cui Herring ruggisce (sì, r-u-g-g-i-s-c-e !) lamentoso, e a chi ascolta non resta che scegliere se applaudire o no (ndr, io ad esempio ho applaudito).
“Singles” è quindi un disco che a suo modo divide: chi conosceva i Future Islands prima potrà apprezzare i contorni ora perfetti, o potrà criticarne l’esagerazione a tratti un filino gratuita; quelli che invece li conosceranno ora potranno rimanerne convinti per il matto tentativo di mischiare gli opposti, oppure potranno avere da ridire per la sua confusione musicale.
Resta di fatto che con “Singles” i Future Islands provano a fare quello che più si avvicina alla definizione di “disco perfetto”, per quanto li riguarda. Questo potrà o non potrà dare a loro e a noi parecchie gioie, chissà: la possibilità di fare il botto o il rischio di perdersi sono le stesse quando si fa un lavoro così grande.
81/100
Enrico Stradi
21 aprile 2014