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È da qualche anno (ed un paio di dischi) che gli Horrors scandagliano la new wave anni ’80 nelle sue più varie forme, mescolando e rielaborando con ottimi risultati. Non fa eccezione a questo schema il nuovo disco, “Luminous” che si sposta ma neppure troppo dalle sonorità del precedente “Skying”.
Diminuiscono le chitarre ed aumentano le tastiere, in generale il sound di “Luminous” va verso una new wave dalle venature pop. Sarebbe certo ingeneroso parlare di sonorità derivative: dopo tre dischi (senza contare l’esordio) e diversi concerti sempre in costante miglioramento, il marchio di fabbrica degli Horrors si avverte eccome.
Il titolo del disco è in qualche modo profetico. Infatti, nell’arco dei nove brani che lo compongono, “Luminous” mostra toni leggermente più solari che in passato, come se la band inglese si fosse definitivamente scrollata di dosso le atmosfere cupe e claustrofobiche di “Primary Colours”, che a suo tempo aveva rappresentato la svolta artistica per gli Horrors. Come si diceva già prima, sono preponderanti le tastiere e il synth che si amalgamano alla perfezione con le chitarre. A livello di produzione e arrangiamenti, così come era accaduto in “Skying”, i musicisti inglesi hanno già vinto la partita: quello che ne viene fuori è una “confezione” perfetta. In varie parti del disco pare quasi che siano le parti strumentali ad avere un minutaggio maggiore rispetto alle parti vocali, come in “I See You” e in parte in “Chasing Shadows”. Anche l’impostazione di Faris Badwan appare più aperta e meno cupa se paragonata al passato.
Ormai non è più una sorpresa che gli Horrors sfornino album e brani di qualità. Insomma, che nessuno parli di musica derivativa.
75/100
Francesco Melis