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I National oggi sono una band pronta a riassumere in un’ora e mezza ad altissima intensità un repertorio di canzoni tra le migliori dell’intero panorama indie degli ultimi anni. Matt Berninger e soci si muovono tra “Trouble Will Find Me” e i precedenti lavori con consumata nonchalance, alternando commoventi ballate a pezzi ai limiti della new wave. La voce arriva dritta dove deve arrivare. Il suono è compatto, basso e batteria dei fratelli Devendorf dettano nervosamente i tempi di un rock d’autore che nel giro di pochi anni ha catapultato i ragazzi di Cincinnati dallo status di culto sotterraneo alle grandi platee di mezzo mondo. In più, c’è il fantastico scenario di Piazza del Popolo, centro di Vasto, a picco sul mare Adriatico: cornice ideale.
L’inizio è dedicato all’ultimo disco, con due pezzi, “Don’t swallow the Cap” e “I should live in Salt”, che fanno salire subito l’adrenalina. Non è da meno “Bloodbuzz Ohio”, uno dei punti fermi della band. “Squalor Victoria”, recupero da “Boxer”, è un filo sottotono, così come “This is the Last Time”, mentre le ballate “I need my Girl” e “Slow Show” sono semplicemente perfette, con il pubblico che non si trattiene dal battimano e dal sing-along.
Il set si chiude con giro di piano di “Fake Empire”, una garanzia. Poi arrivano i bis che, i fan lo sanno, coincidono con il momento catartico dello spettacolo. Matt Berninger che abbandona la sua posizione a centro palco, si butta tra la gente, smette di cantare e inizia a gridare sguaiatamente, si fa spazio caparbiamente tra il pubblico, stringe mani e beve birra da ogni boccale, forse sono tutte cose già viste, ma ogni volta – e anche stavolta a Vasto immancabilmente – efficaci, in grado di trasformare “Mr. November”, “Terrible Love” e “Vanderlyle Cry Baby Cry” in incredibili riti collettivi.
(Federica Baccini)
1 agosto 2014