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Sebbene il pop-rock sia materia da maneggiare con cura per un artista del calibro di Fabrizio Tavernelli, musicista da sempre alla ricerca di sperimentazione e contaminazione, nel suo primo album solista dal titolo “Oggetti del Desiderio” (Lo Scafandro, 2010), è riuscito nel tentativo di andare oltre alla sua più classica definizione. Un disco cantautorale che del pop rock fa il mezzo per leggere i pensieri pop-olari della società in cui vive e studiarne cause ed effetti. Uno sguardo critico il suo, che attraverso un impermeabile scafandro riesce comunque, ad osservare il mondo in modo accurato e veritiero, sempre con un velo di ironia.
“Compagnia telefonica” scorre leggera sul filo dell’incompresa comunicazione. La risposta come primo dei dieci desideri. “Andrew Warhola” è invece un “ironico” omaggio al famosissimo Re della Factory newyorkese, il creatore della pop-art, eroe assoluto della “popolarizzazione” dell’arte.
La parola che dovrebbe riappropriarsi del suo più naturale habitat, lontana dalle sovrastrutture che omologano e irrigidiscono relazioni e gesti quotidiani, un altro degli oggetti del desiderio. Parole condite in un meltinpot di suoni e generi musicali diversi ci proiettano in un’ ideale società multietnica: “la Banda” arriva trionfale alla terza traccia, con un rap padano cadenzato da riff esotici che ci ricordano mondi lontani.
En Manque D’Autre, Acid folk Alleanza, Groove Safari, Roots Connection: dopo tanti viaggi e percorsi all’insegna della ricerca di nuovi mondi musicali, Tavernelli ritorna con la voglia di mettersi nuovamente in discussione e di vincere una nuova sfida, mettendo finalmente a frutto le esperienze degli ultimi vent’anni, oggi, al servizio delle canzoni.
Un disco di piacevole ascolto, tutto “da respirare “ (citando la quinta traccia), dedicato a chi ha voglia di ascoltare, comunicare, cambiare. A Taver non interessa il favore di network e grandi case discografiche, gli basterebbe arrivare a qualcuno dei suoi ascoltatori per avere la consapevolezza che si possono ancora cambiare le cose. Il pop rock può assumere una nuova faccia, o più semplicemente, può farci riflettere. E allora, chissà cosa desidera chi ascolta queste canzoni? Sarà davvero accontentato? Forse nemmeno questo interessa al cantautore. Certo, ha esaudito il suo desiderio più grande: quello di regalarcele.
La rabbia si placa. Gli oggetti del desiderio sono tutti lì. Tutti e 10.
Vi consigliamo di ascoltarvi questo disco, non c’è bisogno di infilarsi lo scafandro. Il pop non vi contaminerà, non danneggerà la vostra integra armatura rock/indie/elettronica o metal che sia.
E se anche fosse, la contaminazione (forse) porta ad una nuova riflessione. Le parole, quelle sì che contano. Sempre. Soprattutto nei desideri.
(Gloria Annovi)
13 gennaio 2011