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Zola Jesus è ritornata con il suo quarto album, “Taiga”, il primo rilasciato sotto etichetta Mute. Il suo cantautorato di piglio elettronico con venature dark-wave ha conquistato gente come Fever Ray e gli XX, nonchè M83 e Orbital che l’hanno ospitata nei loro ultimi album (i brani erano rispettivamente “Intro” e “New France”). Adesso è il momento di raccogliere quanto seminato negli anni: il desiderio di una maggiore notorietà è nuovo imprescindibile big focus della venticinquenne cresciuta nel Wisconsin.
Così, apparentemente, Nika Roza Danilova si getta a mani basse nel mainstream. O meglio lo fa dopo gli spettacolari due minuti e cinquantacinque secondi della title track, piena di suggestioni eteree e ritmiche drum’n’bass che si uniscono a fiati roboanti. Si muove su simili coordinate negli arrangiamenti anche “Ego”, un brano di matrice folk con i bpm azzerati che ricorda le cose prodotte da Patrick Wolf qualche anno fa. Merita menzione anche la convincente (e sofferta) prova vocale di “Dust”, mentre “Hunger”, che strizza l’occhio a M.I.A., lascia qualche perplessità in più. In definitiva, senza dimenticare i due singoli di cui vi avevamo già dato notizia ed ascolto, si tratta di una prima metà di album tendente al sette.
Fa da contraltare però, una seconda parte di gran lunga meno convincente. “Lawless” è la traccia più emblematica del lotto, una sorta di tributo a Kate Bush che risulta alla lunga pomposo: lo stesso problema di “Nail” con i tanti inserti vocali a rincorrersi e quasi disturbare l’ascolto. Monocordi le rimanenti tracce, prima della conclusiva “It’s Not Over” che con il suo tripudio di synth nel refrain riesce a non annoiare, e può tranquillizzare il pubblico della cantante. Zola Jesus si è avvicinata a toccare l’immenso mare del pop, ma non ha ancora l’intenzione di sguazzarci dentro.
62/100
(Matteo Maioli)
11 novembre 2014