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Quando ti rendi conto di essere un piccolo puntino nell’odierno mercato musicale, due sono le strade che puoi imboccare: rincorrere la via che porta visibilità attraverso la ricerca di agganci giusti oppure percorrere tutte le strade, fisicamente e soprattutto indifferentemente, cercando di rimanere più puro e libero possibile.
Andy Dale Petty, nato in Georgia ma poi cresciuto in Alabama, è un girovago e cittadino del mondo, armato di banjo e chitarra acustica che ha optato, indubbiamente, per la seconda ipotesi. Probabilmente questa scelta non darà visibilità estesa alla sua musica, ma illuminerà ogni piccolo club che avrà la fortuna di ospitarlo. Un busker, d’altronde, ha davvero bisogno di poco, qualche birra, un letto dove poter dormire e orecchie pronte a tuffarsi in storie di confine. Classicissimo, imperfetto, povero eppure intensissimo, il nuovo “Frick’s Lament” è un disco dal quale è difficile staccarsi, indipendentemente voi siate o no ammiratori di musica country, folk e bluesgrass. Perché se è vero che si respira tanta tradizione, tipica di un’America dimenticata, è anche vero che la scrittura di questo ragazzo nemmeno trentenne non ha cadute di stile e nemmeno momenti di stasi e guarda anche più avanti, per quel modo sicuro e sbarazzino nell’alternare pezzi autobiografici, originals e strumentali che ne esaltano le capacità tecniche.
Un istant classic per un musicista che potrebbe, in futuro, regalarci grandi soddisfazioni oppure sciogliersi come neve al sole. Comunque poco avrebbe importanza, perché in questi tempi frenetici, dediti ad accantonare piuttosto che assaporare emozioni, il modo di proporre musica di questo talentuoso ragazzo americano è già un atto di rivolta.
Qualcuno si ricorda in quanti voltarono le spalle alla luna rosa di un ragazzo inglese che diceva di volere fare solo folk? Ecco, io non sono indifferente a questo piccolo gioiello di musica senza tempo.
75/100
(Nicola Guerra)
14 aprile 2015