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sabato 15 agosto 2015
A Ferragosto a pranzo di solito si va in spiaggia, si ingurgitano chili di carne e pesce alla griglia e ci si intrattiene nei classici svaghi estivi. Qui nel parco Slottskogen non esiste nulla di originale animale. Da quest’anno il festival ha preso una svolta da veggie e vegan eliminando i latticini. E del resto – come recita un cartello – chi è che beve latte ai festival?
Anche il catering degli artisti è curato dal gruppo belga Just Like Your Mom, specializzato in ottimo cibo vegano servito nei principali festival europei. Se trovate un loro camioncino in giro non esitate.
Altro che carnazza di ferragosto, insomma, un burger vegano da far invidia ai migliori burger di carne.
Alle 13 in punto siamo sotto al tendone Linne per una forma di svago poco vacanziera ed estiva: il live di Sun Kil Moon in inedita duo band (pare per problemi logistici). Mark Kozelek è preso benissimo. Non si lamenta troppo, sbandiera il suo amore per la Svezia. Scende nel pit a cantare come se fosse un musical, ruba uno smartphone a un inarrestabile instagrammer delle prime file, suona la batteria in piedi (è accompagnato solo dal socio Mike alla bass guitar) e sciorina aneddoti che commuovono come l’incontro con Nick Cave e il figlio appena scomparso (cui dedica la cover di “The Weeping Song” in ogni data) e una chiacchierata con Elliott Smith del 2000 in quel di Göteborg interrotta da “una band iperattiva” (The Hives) e dal passaggio di belle ragazze. Niente battute sessiste, solo una frecciatina a The War On Drugs e l’invito ad andare a vedere i Run The Jewels che saliranno sullo stesso palco qualche ora più tardi: un uomo ritrovato, che ha anche un cuore. C’è il tempo di scambiare due chiacchiere su cibo, festival italiani e Mark Kozelek con il boss e fondatore di Just Like Your Mom, che ha lavorato da tour manager anche per band come The War On Drugs. I pallini di Kozelek…
Il Way Out West l’avete capito offre dei cambi di atmosfera repentini e così arriva quello che si rivelerà uno dei live più irresistibili dei tre giorni. Todd Terje in full band con gli Olsens regala un impagabile live pieno di riferimenti italo-disco, funky, lounge con le sue solite cavalcate tra elettronica retrò e deep house da happy hour. Baffo alla Moroder, suggestioni cosmiche alla Baldelli, regala l’ora più divertente del Way Out West. Non ci sono bottigliette d’acqua sospette. Pioviggina, ma nessuno sembra accorgersene, né fregarsene.
Dopo arriva il classico momento svedese con le atmosfere patinate di Zhala si apre un filetto all’insegna delle artiste femminili. Sempre all’insegna delle donne si alternano sui tre palchi anche l’affascinante promessa soul/rnb Lianne La Havas che ha dalla sua tre o quattro singoli che presto potrebbero farla esplodere. Difficile staccarle gli occhi di dosso, la band ha un’attitudine rock che giova alla causa. Aggiunta last minute scivola invece su atmosfere più mainstream e ammiccanti la più consolidata Jhené Aiko che soffre un po’ l’orario e le condizioni climatiche instabili. Non è una leggenda che nella città svedese un giorno su tre in questa stagione piova, statisticamente. Dopo due giorni di caldo estivo e di cielo sereno, ci si deve aspettare il nubifragio.
Per fortuna la pioggia è gestibile.
L’incredibilmente accogliente press area allestita in una residenza storica presente nel parco offre un comodo riparo. A differenza di molti altri festival europei, infatti, il WOW ha dei ritmi molto blandi. C’è tempo per un caffè lungo, c’è tempo per mangiare con calma, rilassarsi, senza perdere troppi act. Le sovrapposizioni sono fin troppo gestibili e non c’è l’ansia da orario.
Ma quando la pioggia ti becca sotto al tendone Linne ci rimani bloccato dentro. Costretti a vedere tutto il live della pur brava Rae Morris, ci si perde l’inizio del momento anzianità del giorno con i pirotecnici Chic di Nile Rodgers. Anche loro offrono una lezione a tutti e in tutto questo revival 70s, suonano attuali e potenti più di molti imitatori contemporanei. “Random Access Memories” dei Daft Punk ne ha dimostrato l’attualità e ha aperto a un revival che difficilmente ci scolleremo di dosso nel mondo mainstream. Di fronte un’altra icona di quell’epoca, Patti Smith che ripropone tutto “Horses” con la consueta grinta e il carisma mai scalfito dagli anni. Ne sono passati 40, ma non sembrerebbe. L’età media del pubblico diventa pericolosamente alta, ma molti di loro guadagnano subito l’uscita o l’area drink senza curarsi troppo di quello che accade sugli altri palchi nelle ore a venire.
Sotto al tendone è un bagno (di folla) per la superband pop svedese degli Amason. Quando arrivano i suoni da radio di H&M gli svedesi non capiscono più nulla. Basta un tempo muscolare tipico dell’EDM e anche i più assonnati e frastornati sfoderano un entusiasmo molto mediterraneo e poco nordico. Sempre nei limiti della freddezza che contraddistingue i giovani svedesi. I più giovani non possono bere nel parco e hanno iniziato a portarsi avanti coi lavori all’esterno, dove nel corso della giornata, è continuo picnic alcolico, tipicamente svedese. Senza inquinare, nemmeno acusticamente.
Per fortuna arrivano Killer Mike ed El-P con la macchina da guerra Run The Jewels a riportare un po’ di cattiveria e di violenza. I numerosi BITCH urlati da El-P avranno fatto scandalizzare le numerose femministe presenti (hanno dei braccialetti identificati del loro feminist pride), ma gli si può perdonare tutto. Mark Kozelek è lì tra le prime file a seguire con attenzione e coinvolgimento lo show. Scambio due chiacchiere con lui approfittando della sua loquacità imprevista. Difficile dargli torto, il duo è al momento uno dei live act più potenti del pianeta. El-P è una mitragliatrice, Killer Mike spesso è più una spalla ma le due voci e i due flow si incastrano a meraviglia. Solo loro possono permettersi di salire sul palco trionfali sulle note di “We Are The Champions” e di regalare in mezzora una decina di classici dai primi due album a nome Run The Jewels. Le basse spaccano i timpani ed è impossibile non farsi coinvolgere dalla folla per saltare e muovere il culo per tutta la durata dello show. Tra i vincitori a mani basse del festival.
La strana coppia non delude mai.
Sul palco Flamingo gli Alt-J propongono un live onesto e impeccabile, ma si continua a capirne poco la portata da band da grandi arene. Non abbastanza sperimentali, non abbastanza pop, non abbastanza coraggiosi, non abbastanza paraculo per questi bagni di folla. Il loro live diventa un sottofondo per la pausa merenda (o cena, dipende dai punti di vista). Se si fa eccezione per qualche sparuto gruppo di fan oltranzisti, prevale una certa freddezza in platea.
Lorentz è un’icona nazionale e per molti giovani appassionati di EDM e derivati, sembra davvero il momento più atteso della giornata. Mi sento vecchio e mi aggiro incuriosito intorno al tendone. Si fa fatica, ma l’entusiasmo è tale che si reagisce con un evitabile sorriso. Il pop riesce sempre a spadroneggiare con una delle giovani popstar più in voga. Ellie Goulding ha una voce limpida e potente, le sue hit le abbiamo sentite in tutte le salse, a volte senza sapere di chi fossero, ma nel festival dell’eterogeneità, ci si deve aspettare anche questo.
Ultimo headliner tutto Made in Sweden con le atmosfere leggere e folk delle carinissime First Aid Kit (nostro vecchio pallino della rubrica IKEA-POP), che appaiono visibilmente emozionate (e lo siamo un po’ anche noi) per questo ruolo gentilmente riservato loro dagli organizzatori. In chiusura vera e propria, a dirla tutta, ci sarebbe ancora un cambio di atmosfere, con il ritorno dei rigenerati Ride che nella più intima cornice del tendone tirano giù tutto.
Mentre si guadagna l’uscita, un nuovo diluvio e i poncho distribuiti gratuitamente finalmente servono a qualcosa. Ma è impossibile non sorridere (anche perché si riesce a passare per il concerto degli ottimi Ought nel suggestivo palco al bar del primo piano del solito Pustervik). Qualità del suono, location, tranquillità e gusto degli spettatori, temperatura, varietà della line-up e soprattutto l’atmosfera moderna e lo stile di Göteborg.
Al Way Out West siamo tornati e ritorneremo volentieri anche per la decima edizione. Mettete i soldi da parte che la Svezia è tutto il contrario di quello stereotipo di nazione triste presente nell’immaginario collettivo. Soprattutto d’estate, soprattutto ad agosto.
Foto di Chiara Viola Donati (Instagram: @chiaraviolenta)