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Il concerto dei Parquet Courts al Monk, tappa romana del loro tour europeo suscitava interesse e curiosità. Perché la band americana ha dimostrato in pochi anni di essere prolifica e attiva sul mercato discografico con album di ottima fattura. In particolare i due usciti l’anno scorso (“Sunbathing Animal” e “Content Nausea”, quest’ultimo con lo pseudonimo di Parkay Quarts) avevano accresciuto di molto le attenzioni del pubblico attorno alla band. Per questo il live romano è stata una buona occasione per vedere se l’attitudine dei Parquet Courts regge e convince anche sul palco.
La risposta è pienamente affermativa, anzi si può dire con assoluta convinzione che la band si esprima al meglio nella sua dimensione live. Un’intensa sequenza di brani in cui sono stati concentrati tutti i riferimenti stilistici del gruppo in modo evidente, ma senza mai scalfire la personalità dei quattro musicisti. Quello che infatti conquista subito è l’attitudine punk lo-fi che viene messa in mostra. In particolare l’istrionico chitarrista Arthur Brown catalizza spesso l’attenzione, tra distorsioni chitarristiche e bottiglia di vino usata per la slide guitar.
Il live parte spedito con “No No No” e “Bodies” e continua con echi di Guided by Voices e Pavement che fanno capolino sullo sfondo in modo alternato con il proseguire della scaletta. “Black and White” è il primo dei momenti clou del concerto, così come l’arrembante “Sunbathing Animal”. “Borrowed Time” compare invece nella parte finale del concerto in un crescendo che forse avrebbe meritato anche un bis, unico piccolo neo della serata.
Francesco Melis