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Aaron Maine, meglio conosciuto come Porches, dopo la firma con Domino Records, ha appena rilasciato il suo secondo album “Pool”.
Le atmosfere, quasi “soffocanti”, si rispecchiano perfettamente con il titolo “piscina”, inteso quale luogo chiuso e asettico.
All’interno troviamo sonorità molto attuali (molto lontane da quelle italiane), con un loudness da far invidia agli attuali miti della scena hip hop internazionale, Kendrick Lamar e Co. La voce profonda di Maine cade perfettamente con le raffinate atmosfere pop ‘80s, riuscendo a colpire l’ascoltatore e facendolo scivolare un metro sott’acqua.
In poche parole, un “tuffo” lungo 38 minuti, partendo dalla traccia d’apertura “Underwere” con un linea di basso corposa alla Cam Avery dei Tame Impala ed un rullante profondo e martellante, molto vicino ai primi My Bloody Valentine. Proseguendo con l’ascolto, si arriva alla terza traccia “Be apart”, singolo che ha anticipato il disco, probabilmente il brano più pop di questo ultimo lavoro, con all’interno un synth bass corposo ma mai invasivo, che delinea perfettamente il sound di questa band.
Verso la metà del disco sembra quasi che il suono voglia uscire dall’acqua e colpire orecchi più raffinati, come si evince nella traccia “Car” dove sembrano riaffiorare Morrissey e Co., prontamente seguita da “Shaver” (a mio avviso il brano più bello del disco) dove Maine canta con un’espressività che ricorda Father John Misty in “ True affection”, accompagnato da ottoni a decorare il tutto che riescono a regalare le stesse sensazioni di quando, per la prima volta, si ascolta il finale di “Hot Dreams” dei Timber Timbre.
Un disco sicuramente maturo e ben riuscito, che potrebbe stimolare parecchio il pubblico, soprattutto quello italiano, ad allargare i propri (chiusi) orizzonti musicali.
(Salvatore Micalizio)
77/100