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Per una decina d’anni – tra il 2003 e il 2014 – Scott Yoder è stato voce e chitarra dei The Pharmacy, gruppo di Seattle autore di un pop psichedelico di matrice british. Dal 2015 ha cominciato, però, una carriera da solista pubblicando prima due EP, “Sisters Under the Mink” e “The Trespasser” (entrambi su Burger Records), e poi l’LP di debutto, “Looking back in blue” (Annibale Records, 2016). La nuova veste del musicista americano è improntata ad un songwriting d’autore molto anni settanta, con un’ossatura pop e venature folk, lasciando da parte le sfumature psichedeliche.
Scott Yoder, in questi giorni, è in tour in Europa. E ci abbiamo scambiato qualche parola.
Per un lungo periodo (2003-2014) hai scritto canzoni in una band: i The Pharmacy. Eri quindi parte di un gruppo, adesso però sei un artista solista. Il tuo modo di scrivere e di comporre sta cambiando?
Scott Yoder: Sì, un po’: intendo dire che ho scritto tutte le canzoni pensando principalmente che le avrei suonate da solo. E può essere veramente figo andare in tour da soli: ti senti autosufficiente all’idea di viaggiare da una parte all’altra degli stati, solo con una chitarra in mano, prendendo treni e bus, sperando in qualche passaggio in auto casuale… Ma, sì, adesso, è come se fossi il regista di un film. Quando avevo una band- prima- ero soltanto un extra.
Durante le registrazioni di “Looking back in blue” hanno suonato con te alcuni musicisti: Conor Kiley, Stefan Rubicz, Aaron Oxford e Sophia Watson. Quanto questo gruppo ti ha aiutato nello sviluppare le tue idee di scrittura?
S: Non molto onestamente: la scrittura dei pezzi – il “songwriting” – era completamente finita quando sono entrato in studio. Ma queste persone sono riuscite sul serio ad evidenziare tutti gli elementi nascosti di queste canzoni riuscendo e sapendo davvero dove trovare le parti più subdole che fanno incastrare tutto insieme. E l’etica del lavoro e l’affabilità, di cui ho fatto esperienza durante le session, sono le migliori che abbia mai conosciuto.
Ora sei in tour in Europa. Suoni con altri musicisti? O sei in acustico?
S: Stiamo facendo un tour come band: ho portato con me Stefan & Conor ed alla batteria abbiamo il nostro nuovo amico italiano Giacomo (nda. Giacomo Papini) che è un ragazzo davvero intelligente, impara velocemente, molto intuitivo. Alla fine suoniamo soprattutto come una band ma durante il set ho un momento molto Marlene Dietrich: suono una ballata al piano. Ed inoltre faccio anche una country cover di un brano di Gram Parsons, periodo The Byrds (nda. 1968, album “Sweetheart of the Rodeo”). La gente in Italia ci urla “yee haw” quando indossiamo i cappelli da cowboy, ahah.
Il tuo primo album è prodotto da Brandon Eggleston (Modest Mouse, Tune-Yards, Mountain Goats, Swans). Perché l’hai scelto? C’è un motivo particolare?
S: È semplicemente molto efficiente, intuitivo, una influenza amichevole in tutto e per tutto, molto preciso nei confronti di quello che stavamo suonando ma mai severo o impaziente nella maniera più assoluta. Ha pure prodotto un paio di LP dei Pharmacy. In più ha lavorato con Conor (nda. Conor Kiley) nella sua vecchia band, Holy Ghost Revival. Perciò, ormai, è davvero semplicemente un grande amico.
“Looking back in blue” ha un’atmosfera da classico songwriting anni settanta. Cosa influenza di più la tua sensibilità artistica?
S: Quando ho finito quella canzone, mi stava piacendo un sacco l’LP di Jessica Pratt. Avevo appena fatto il mio terzo concerto da solista e stavo aprendo per lei, che è capace di creare un’atmosfera in grado di ipnotizzare il pubblico. Quella notte avrebbe potuto suonare un unico singolo accordo e gli spettatori l’avrebbero seguita ancora di più. Da un punto di vista tecnico non ho suonato un unico singolo accordo per questo brano ma sto cercando di fingere di averlo fatto.
Nel frattempo, il 3 aprile, è cominciato il tour italiano di Yoder. Dopo i concerti all’ Arci Virgilio di Mantova, al Quasi Quasi di Terranuova Bracciolini (AR) ed al Bronson di Ravenna, sono previste altre quattro date live nella Penisola: oggi a Bologna (Zoo), sabato 9 aprile a Firenze (Brew Dog),domenica 10 ad Avellino (Godot) e lunedì 11 a Roma (Fanfulla).
(Monica Mazzoli)