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Foto a cura di Gabriele Spadini
“Detour”, così si chiama l’ultimo tour solista di Elvis Costello (Declan MacManus) . Un nome non scelto fortuitamente, il probabile riferimento è al film omonimo del 1945, diretto da Edgar G. Ulmer e tratto dal romanzo di Martin Goldsmith. Il protagonista della pellicola americana, Al Roberts (Tom Neal), recita, “That’s life. Whichever way you turn, Fate sticks out a foot to trip you.” ossia “Nella vita, qualunque strada un uomo decida di percorrere, se il destino gli è contrario, lo aspetta al varco e gli fa cambiare direzione.”. La locandina della pellicola anni quaranta si materializza, quindi, non a caso, sul palco fiorentino del Teatro Verdi venerdì 27 maggio, quarta data italiana de il “Detour 2016” dopo Torino, Milano, Padova: il manifesto del lungometraggio noir è proiettato nella riproduzione gigantesca di una televisione d’epoca – Lupe-O-Tone – quando parte “(The Angels Wanna Wear My) Red Shoes”, brano dal disco d’esordio “My aim is true”, uscito nel 1977. Album, quest’ultimo, pubblicato dalla storica Stiff Records e prodotto da Nick Lowe, alla regia anche dei quattro lavori successivi di Costello, realizzati – a partire da “This Year’s model”(1978) – con gli Attractions. Il sodalizio con Steve Nieve, Pete Thomas, Bruce Thomas, però, è solo una delle tante “deviazioni” prese dal cantante e compositore londinese. Nel corso del concerto l’obiettivo, peraltro riuscito, è proprio quello di ripercorrere, attraverso ricordi ed aneddoti divertenti, i tanti percorsi – pub rock, new wave, baroque e chamber pop, folk, country, jazz, soul – tracciati dal Costello musicista ed uomo, che ci scherza su fin da subito giocando sulle parole “tour “- “detour” (in italiano “deviazione”) : ” dalle mie parti quando ti chiedono ‘dove stai andando?‘, la risposta è sempre ‘ sto prendendo una deviazione’ “. Un musicista, quindi, che racconta se stesso e la sua famiglia (il padre trombettista Ross McManus) proponendo alla chitarra (o meglio chitarre, ben sette) ed al piano, oltre ai pezzi famosi – “She” (cover di Charles Aznavour, inserita nella colonna sonora di “Notting Hill”), “Everyday I Write the Book” (primo singolo di successo negli Stati Uniti) o “Watching the Detectives” (primo singolo accreditato con gli Attractions e prima hit nel Regno Unito) – anche e soprattutto cover inedite (fino ad adesso mai pubblicate), incontri con altri autori (Allen Toussaint, Burt Bacharach) e due brani da “A Face in the crowd”, musical a cui Costello starebbe lavorando: secondo il quotidiano svizzero, Zurich Tages Anzeiger, ci sarebbero già 17 canzoni scritte per l’adattamento musicale del film omonimo del 1957 (tradotto in italiano, “Un volto nella folla”), diretto da Elia Kazan e scritto da Budd Schulberg. Sette di questi brani sono stati già presentati live lo scorso mese (Aprile) negli Usa. A Firenze hanno trovato spazio la title track e “Blood & Hot Sauce”, entrambe suonate al piano. Questa scelta di presentare pezzi nuovi prima della pubblicazione discografica ufficiale, però, non stupisce, infatti è lo stesso Costello ad aver dichiarato a Mojo nel dicembre 2015 apprezzamento per l’idea di proporre live le canzoni ancora inedite: il miglior modo per far conoscerle alle persone, un po’ come accadeva prima che ci fossero i dischi. Stesso cammino per le cover di brani già noti ma mai finite su un album o una raccolta di Costello: i pezzi reinterpretati secondo il gusto del musicista britannico vivono di vita propria arrivando in una nuova veste alle orecchie del pubblico, è il caso, per esempio, di due brani popolari jazz scritti nel 1930, “Little White Lies” e “Walkin’ My Baby Back Home” : il primo scritto da Walter Donaldson e pubblicato nel 1930, interpretato da vari artisti, tra cui Ella Fitzgerald.; il secondo scritto da Roy Turk e musicato da Fred E. Ahlert, pubblicato, tra gli altri, anche da Nat King Cole. E spesso tra un pezzo e l’altro saltano fuori storie legate al padre, Ross MacManus, musicista come il figlio: trombettista e vocalist in una big band inglese anni cinquanta da sala da ballo, Joe Loss & His Orchestra. Un padre diverso da quello degli altri coetanei: non andava in fabbrica od in ufficio ma compariva in televisione, suonava in casa quando Costello era dodicenne ed ha pure partecipato al Royal Variety Show. Ai flashback a parole seguono più avanti le immagini: il video di “If I had a hammer” – cover del brano di Pete Seeger cantata da MacManus senior – viene trasmesso dalla enorme TV vintage presente sul palco. Lo spettacolo, quindi, diverte ed emoziona: si ride quando Costello racconta di aver provato a studiare l’italiano ma di non esserci riuscito, “Sono andato in un bar chiedendo in italiano, ‘vorrei un cornuto alla marmellata’. E la donna dietro il bancone mi ha risposto in perfetto inglese, ‘Yes, we have it but not with marmelade’“ o ci si commuove quando il musicista, prima di eseguire “Ascension Day”, ricorda la collaborazione con Allen Toussaint, l’album “The River in Reverse” (2006), scritto nel periodo in cui l’uragano Katrina colpì la città di New Orleans.
Il Costello della serata fiorentina è, perciò, in perfetta sintonia con gli spettatori, tant’è che sul finale suona, in un’atmosfera quasi intima, “Alison” senza amplificazione e canta “I want you”, probabilmente non prevista in scaletta. L’influenza alle vie respiratorie, che ha fatto annullare le date ad Anversa, Parigi, Utrecht, Aalborg e ad Amburgo, sembra davvero un ricordo lontano.
(Monica Mazzoli)